Mission Impossible – Rogue Nation: recensione

IL RITORNO DI MISSION IMPOSSIBLE: IL QUINTO EPISODIO DELLA SAGA

mission impossibleGENERE: azione

DURATA: 130 minuti

USCITA IN SALA: 19 agosto 2015

VOTO: 3 su 5

Torna la saga Mission Impossible e l’agente dell’IMF, Ethan Hunt, con il quinto capitolo Mission Impossible – Rogue Nation, diretto da Christopher McQuarrie. Distribuito in Italia dall’Universal Pictures sarà nelle sale dal 19 agosto.

Se si pensava che scalare un grattacielo di Dubai, durante una tempesta di sabbia, fosse il massimo che il fisico dell’agente segreto potesse sopportare, ci si sbagliava di grosso. Mission Impossible – Rogue Nation trasforma Ethan in un possibile candidato per entrare nella rosa degli Avengers, con una scena d’apertura tanto epica quanto ai livelli dell’inverosimile, affrontata, come suo solito, senza stunt man da Tom Cruise.

In questo capitolo il nostro, oramai maturo, agente segreto si vede braccato dal Sindacato, un’organizzazione di assassini ben addestrati, senza poter contare sull’aiuto dell’IMF che su istanza del capo della CIA, Alan Hunley (Alec Baldwin), viene sciolta. Eliminata l’Intelligence, Ethan sarà costretto a scappare sia dai suoi aguzzini che dai suoi ex datori di lavoro. Grazie all’aiuto prezioso di Benji Dunn (Simon Pegg), non più solo un abile informatico ma agente segreto a tutti gli effetti, William Brandt (Jeremy Renner)e il fedele compagno Luther Stickell (Ving Rhames), Hunt si mette sulle tracce del capo dell’organizzazione Sindacato per capire qual è il suo obiettivo e come fermarlo.

Al suo quinto giro di boa, lo schema Mission Impossible sembra vacillare: 131 minuti per lo più piatti, vivacizzati da poche scene d’effetto e da scambi di battute ironici e divertenti che si possono contare sulle dita di una mano. A farla da padrone e dare una scossa al pubblico è sicuramente l’inseguimento, quasi senza fine, che segna la metà del film. Una corsa pazza in macchina seguita da un’altrettanta pazza corsa in moto, che, grazie a diverse soggettive e a frequenti cambi d’inquadratura, diventa una vera e propria scarica di adrenalina. Lodevole, inoltre, la costruzione del personaggio di Ilsa Faust (Rebecca Ferguson), l’immancabile donna letale dei film d’azione che in questo caso riesce a mantenere il dubbio sul proprio schieramento fino alla fine e a non innamorarsi perdutamente dell’impavido Ethan Hunt.

I creatori della saga sanno di che pasta è fatta il loro prodotto, consapevoli del loro posto sul mercato cinematografico si permettono di esagerare, strizzare l’occhio al pubblico seduto in sala, spingere sull’acceleratore e creare scene dove pare essere lo stesso genere dei film d’azione ad essere preso in giro.

Bisogna riconoscere però a Mission Impossible – Rogue Nation l’originale scelta del nemico. Dopo aver contrapposto, con sapori da guerra fredda, gli Stati Uniti a cospirazioni comuniste, aver messo in scena il pericolo delle armi batteriologiche e del terrorismo, nel quinto capitolo si parla di rivoluzione interna. Il Sindacato, infatti, non è altro che l’insieme di agenti segreti scomparsi e assassini dichiarati morti salvati da un reparto speciale dei servizi segreti inglesi, all’insaputa del Primo Ministro, per creare una task force spietata e senza eguali. Il progetto, però, viene sottratto da un ex agente segreto britannico che si sente usato e manipolato dal proprio Paese. Nessuna ideologia alla base, nessuna megalomania da conquista del mondo, ma l’esasperazione di chi per anni non ha fatto che obbedire a degli ordini senza mai porsi delle domande.

Giusto, sbagliato? Buono, cattivo? Questione di punti di vista. Sicuro invece è la riuscita di ogni missione dell’IMF, se a capo c’è Ethan Hunt e i suoi uomini.

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