Southpaw: recensione film

SOUTHPAW, JAKE GYLLENHALL MANCINO NELLA BOXE SENZA TROPPA RETORICA

southpaw locandinaGENERE: dramma sportivo

DURATA: 124 minuti

USCITA IN SALA: 2 settembre 2015

VOTO: 3 su 5

Southpaw, un gancio mancino che manda a tappeto. Antoine Fuqua, regista e produttore “dal ghetto”, è anche un boxeur e sul set ha condotto passo passo, sequenza dopo sequenza il suo Jake Gyllenhall durante il processo di trasformazione fisica e mentale in Billy Hope. Non solo pugilato, ma una storia di vita, anzi una lezione che senza troppa retorica ci racconta uno spaccato dello sport simbolo del mondo a stelle e strisce e delle sue scommesse.

Si può cadere dal trono, rimettersi in piedi e tornare a sedersi in vetta. Senza continuità, in ogni sport, disciplina e atto lavorativo, laddove c’è sacrificio e abnegazione il sogno americano rimane sempre e comunque a portata di mano per (quasi) tutti. Southpaw è quel gancio che ti colpisce in pieno stomaco, una storia drammatica già vista e non molto originale, ma che fa della franchezza narrativa il suo punto di forza. Non mette in questione il perchè, ma il come un lutto possa incrinare un intero sistema al cui centro rimane indispensabile il nucleo familiare.

Una pellicola dura e cruda che racconta il lato oscuro del dolore, due sberle al volto e un tuffo nel degrado di fama effimera. Perchè il degrado morale lo si ritrova anche nella ricchezza, ai piani alti, nei grandi casino di Las Vegas…Solo una volta saliti sul ring, tutto scompare, ci sono solo guantoni, sudore e adrenalina sul quadrato, oltre ad un gong che per 12 riprese ci ripara dai colpi del nostro avversario. In quel preciso momento il pugile ritrova la sua strada. Fuqua trasforma Jake che dopo Lo Sciacallo si allena come un ossesso e disegna il suo corpo come una macchina da combattimento perfetta. Da campione del mondo dei pesi medio-massimi.

Regia efficace, tensione al punto giusto e una sceneggiatura forte sono il nocciolo del film, la parabola di un tuffo nella box che punta sull’emotività degli attori, tra cui spiccano la lanciatissima Rachel McAdams e il coach dei “non professionisti” Forest Whitaker, uno che riesce a stare sempre al posto giusto nel momento giusto. Con qualche jab in più Southpaw avrebbe colpito il segno, invece di vincere ai punti (al boxoffice) senza quella sensazione di KO tecnico che esalta ogni volta la generazione di Rocky e Toro Scatenato.

 

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