I “NOSTRI” FILM DURANTE L’EPOCA FASCISTA
Se avete un interesse concreto e reale legato alla cultura italiana negli Stati Uniti, certamente la Casa Italiana Zerilli-Marimò (presso la New York University) è un punto di passaggio obbligato. Cento eventi all’anno, molti dei quali legati alla cultura cinematografica locale e internazionale, con focus che spaziano dagli autori contemporanei fino alle rassegne storiche in ambito di produzione filmica e storico-sociale.
L’ultimo appuntamento, in ordine di tempo, proposto dalla Casa Italiana è un documentario, o meglio un approfondimento auto-prodotto dal titolo Before Neorealism: Italy’s forgotten Cinema, ovvero il cinema italiano prima del Neorealismo, altresì indicato come il lasso temporale durante la seconda mondiale in cui sono stati girati numerosissimi film di matrice fascista. Naturalmente parliamo di guerra e siamo in piena epoca militante, impossibile non sottolineare l’influenza evidente che il regime ha avuto sui copioni elaborati dagli autori di quel delicato momento storico.
Il documentario di David Morea e prodotto da Alberto Zambenedetti vuole essere un excursus conciso ed essenziale in lingua inglese (dedicato prettamente ad un pubblico americano) sul periodo del pre-Neorealismo, attraverso il racconto per immagini, documenti d’archivio, clip e spezzoni dei film più importanti di un’epoca in cui l’industria dell’intrattenimento è stata manipolata dal contesto politico contemporaneo. Il tutto alternato con interviste, commenti e dichiarazioni dei docenti della stessa Casa Italiana, tra cui il suo direttore Stefano Albertini, che abbiamo raggiunto e intervistato appositamente.
Il primo screening di Before Neorealism ha mostrato l’interesse e la curiosità del pubblico alle sorti storico-politiche del Paese, essendo il documentario la risposta diretta ad una necessità non solo narrativa, quanto propriamente ideologica di un almeno un decennio tutt’oggi bannato dai ricordi dei principali sceneggiatori italiani.
Secondo Albertini, che ha citato Gabriele Salvatores, confrontarsi col cinema italiano è ancora
davvero complicato, considerando il peso culturale di una madre (la commedia) e un padre (il neorealismo) così ingombranti nel nostro passato. In pochi però conoscono “i nonni” della settima arte in Italia, ciò che c’è stato durante il lungo periodo di isolamento culturale, quel momento preciso in cui il Neorealismo piantò la camera nel bel mezzo della realtà, portando al cinema il racconto del vero.
E sebbene lo spettatore in Italia non diede credito al nuovo movimento, spaventato dall’idea di rivedere in sala la realtà deprimente che la circondava, gli Stati Uniti premiarono i nostri registi, innalzando film come Roma città aperta di Roberto Rossellini a capolavori di stampo internazionale. Perché dava al pubblico americano il senso preciso del motivo per cui avevano combattuto e sofferto in terra straniera, uno scopo reale-visivo del sacrificio a cui erano andati incontro. All’epoca questa ragione, per un popolo letteralmente orgoglioso della propria patria, fu un motivo più che sufficiente per rendere omaggio alla grandezza del cinema italiano.