LA SCALATA DELLE DONNE E L’AFFERMAZIONE DEI PROPRI DIRITTI
Giovedì scorso, Calliope Torres, guardandosi attorno nella stanza delle riunioni, si è accorta che il Grey Sloan Memorial Hospital è gestito da donne.
Il trio delle meraviglie: Sloan, Shepherd e Burke, capitanati da Webber, è stato, in undici stagioni, soppiantato dal quintetto Torres, Robbins, Pierce, Shepherd (Amelia), Grey e capo supremo Bailey.
Non pare strano che i personaggi di Shonda Rhimes abbiano fatto una piccola scalata verso il successo professionale, aggiungendo quote rosa nelle posizioni lavorative di comando, ma purtroppo non è così roseo lo scenario reale.
In un recente rapporto americano, intitolato “The Women’s Leadership Gap” e firmato da Judith Warner, viene illustrati – con dati alla mano – come le donne, negli Stati Uniti, sebbene siano presenti in numero maggiore nelle università e si laureino con una votazione maggiore rispetto agli uomini, non ricoprano ruoli di leadership. I numeri sono sconfortanti anche nel settore dell’intrattenimento dove solo il 17% di registi, sceneggiatori, editori, direttori e produttori di film e fiction e il 27% degli ideatori dei programmi televisivi sono donne.
Per fortuna però, molti film, sebbene non siano diretti o scritti da donne raccontano storie dove – come per Grey’s Anatomy – viene riconosciuto e affermato il valore del proprio operato, fino ad arrivare a ricoprire posizioni di rilievo, a cominciare dal fortunato e evergreen Una donna in carriera.
Fine degli anni ’80, tempo di spalline, completi di due taglie più grandi corredate di cravatte chilometriche per gli uomini, dei primi cellulari e dei computer dalle scritte verdi e, ovviamente, degli Yuppies.
Con Melanie Griffith che interpreta un’ambiziosa segretaria trentenne, che cerca di superare gli stereotipi classisti per affermarsi nell’alta finanza, Sigourney Weaver che effettivamente ce l’ha fatta, ma ora tratta tutti come nullità, tanto da meritarsi il soprannome di “culo secco” e un Harrison Ford pieno di fascino, il successo è garantito.
Vincitore del Golden Globe come miglior film commedia o musicale e nominato come miglior film nella stessa categoria agli Oscar, Una donna in carriera è un piccolo gioiellino che accresce l’autostima e rilancia l’ideale del sogno americano tra una battuta e l’altra.
Altra perla evergreen del cinema americano è Il club delle prime mogli dove Diane Keaton, Goldie Hawn e Bette Midler, dopo aver consacrato la loro intera vita ai figli e ai mariti, che grazie a loro si sono affermati in vari settori, si vedono chiamate davanti a un giudice per mettere fine al proprio matrimonio. Sull’orlo di una crisi di nervi, le tre amiche di vecchia data si danno man forte l’una con l’altra e s’ingegnano per portar via tutte le ricchezze ai propri ex mariti per poi poter fondare un centro di assistenza qualsiasi per le donne di New York.
Spostandoci in Europa ci sono altri due film di cui parlare, sebbene meno centrati sull’economia, ma sull’affermazione della donna. Uno è Tutti pazzi per Rose, film francese che vede protagonista Rose, una ragazza di un piccolo paesino della Normandia che fugge dal tradizionale matrimonio e vita da casalinga per cercare il suo posto nel mondo. Iniziando a cercare la sua indipendenza tramite un lavoro da segretaria, grazie alla sua velocità a battere a macchina, Rose parteciperà a tutte le gare di dattilografia, accrescendo la propria velocità e sbaragliando tutte le avversarie, fino ad arrivare a competere per il titolo mondiale.
Nella vecchia Londra, invece, è ambientato Hysteria, film divertente che con ironia racconta la storia dell’invenzione del primo vibratore. In un’epoca storica dove le donne venivano tacciate di isteria e la medicina era divisa tra tradizionalisti che assomigliavano sempre più a macellai e rivoluzionari che venivano derisi dai colleghi, si pone la figura di Charlotte Dalrymple, interpretata da Maggie Gyllenhaal. Una giovane donna che rifiuta la vita che il padre, medico tradizionalista borghese, le impone per vivere in miseria, estendo una scuola per bambini poveri.
Ovviamente se si parla di donne che lottano per guadagnarsi il posto che meritano non si può non menzionare la storia dello sciopero delle donne impiegate nello stabilimento della Ford nel Dagenham, per cucire la copertura dei sedili delle auto, nel film We want sex, di Erin Brokovich e la sua storia portata sul grande schermo da Julia Roberts, oppure quella della stilista francese Chanel, che si può vedere nel film Coco avant Chanel – L’amore prima del mito con Audrey Tautau e ancora, quella della prima e ultima first lady, Margareth Tutcher, straordinariamente interpretata da Meryl Streep in The Iron Lady.
E proprio la Streep quest’anno ha preso parte al film Suffragette, ispirato ad avvenimenti realmente accaduti. Accanto a Meryl Streep, che interpreta Emmeline Pankhurst, attivista e politica britannica che guidò il movimento suffragista femminile nel Regno Unito, Helena Bonham Carter e Carey Mulligan. Il titolo che verrà distribuito in numero limitato nelle sale americane dal 23 ottobre e giungerà in Italia per inaugurare il 33esimo Torino Film Festival, il 20 novembre.