Eva no duerme: recensione film

LA FORZA DI UNA DONNA CHE PER IL SUO POPOLO NON È MAI MORTA

Poster Eva no duermeGENERE: drammatico

DURATA: 85 minuti

VOTO: 5 su 5

Un solo aggettivo può descrivere il film del giovane regista sudamericano Pablo Agüero: potente. Tutto in Eva no duerme ha una forza straordinaria, dalle immagini alla sceneggiatura, come naturalmente la sua protagonista. Perché Eva è il centro di tutto, la sua storia, la sua vicenda prima (conosciuta attraverso alcune immagini d’archivio) e dopo il decesso, la sua mitizzazione, nonostante nel film sia solo un cadavere che si intravede nelle scene, o che non si vede affatto.

Eva c’è, tutto ruota intorno alla sua figura, alla sua forza attrattiva che anche da morta riesce ad esercitare sulle masse e che intimorisce non poco gli uomini al potere. Il popolo la ama, la venera, e anche ora che il tumore se l’è portata via alla stessa età di Cristo, il suo ricordo e il suo solo nome sono più potenti di quanto si possa immaginare. Allora perché correre il rischio che possa accendere ancora il popolo, e che esso continui ad idealizzarla sempre più, passando a rendere la sua tomba vero luogo di culto per i ribelli del regime? Non resta che trafugare il suo corpo e nasconderlo, portarlo via da chi potrebbe elevarla ancora più in alto.

Qui inizia la storia di Maria Eva Duarte de Peròn secondo il racconto di Agüero, ossia dalla sua morte avvenuta il 26 luglio 1952, ad appena 33 anni. Il regista racchiude in un’ora e mezza oltre vent’anni di peregrinazioni della salma della donna, e affida la narrazione ad una voce narrante fuori campo, che vediamo accostata all’inizio e alla fine del film, e in altre sporadiche occasioni, al volto di Gael Garcia Bernal nel ruolo del dittatore Emilio Eduardo Massera, e a tre episodi associati ad altrettanti personaggi che ne hanno avuto a che fare. Ognuno racchiuso nella sua manciata di minuti, ci mostra il proprio rapporto con Eva, e il pubblico li conosce semplicemente come l’Imbalsamatore, il Trasportatore e il Dittatore.

Il primo le dona “l’immortalità” dopo un processo di imbalsamazione durata anni; il secondo la sequestra portandola in lunghe peregrinazioni chiusa in una cassa di legno in un furgone militare; azione decisa dal terzo, che davanti alla volontà del popolo che continua ad amarla e dei ribelli che aspirano ad un ritorno del peronismo, non può che arrendersi ad una forza ben più grande di lui. Ed è la forza di una donna che non ha mai smesso di vivere nel cuore della sua gente.

Eva no duerme è tecnicamente eccellente, e si concede a piani sequenza piuttosto complicati ma perfettamente riusciti, o ad inquadrature molto ravvicinate con cui si riesce a catturare ogni minima e impercettibile emozione sui volti degli interpreti. Ogni immagine sembra un quadro o una scena teatrale: sbalordisce in questo senso soprattutto l’uso della luce e del suo valore simbolico, dalle connotazioni quasi ultraterrene. In più di un’occasione, infatti, essa avvolge totalmente il corpo di Eva, quasi a volerle concedere lo status di santa. Ciò accade per la prima volta a imbalsamazione completata, quando il suo corpo, dopo essere stato immerso in una vasca di formaldeide rossa in cui disegna dolci e impercettibili movimenti, viene steso su un lettino; poi la luce la circonda di nuovo quando la cassa viene aperta e inquadrata totalmente dal fondo del furgone, nel momento preciso in cui il sole sorge e inonda dal parabrezza l’interno.

La gamma dei colori è relegata alle tonalità scure dei grigio/marroni/neri, chiare solo in associazione ad Eva, ma una delle pochissime scene (se non l’unica) in cui sono diffusi colori più vivi, è quella in cui il Trasportatore la porta lungo la riva di un fiume: le increspature dell’acqua e la luce abbagliante e chiara, unita al verde dominante della natura che li circonda, crea una veduta emozionante.

È come se in questo scenario si compisse il primo miracolo di questa santa pagana: il corpo di Eva non verrà fatto a pezzi, ma spedito in Italia in accordo con un prete e una suora per essere sepolto a Milano sotto falso nome. Ed ecco che il miracolo si replica, quando a distanza di due decenni, dopo la morte del dittatore Aramburu, la salma torna in patria argentina e può finalmente ricevere sepoltura nella sua amata terra, seppur sotto metri di cemento. C’è voluto tempo e il potere di un nuovo repressore ancor più crudele del precedente, paradossalmente, per farla tornare.

Ma forse il vero miracolo è un altro: che nonostante tutto, come dimostra la memoria di un popolo, Eva c’è sempre stata e continuerà ad esserci.

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