FAUDA RACCONTA IL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO CON UN REALISMO AGGHIACCIANTE
Presentata al Festival del Cinema di Roma, la serie Fauda esplora il conflitto in Medio Oriente, seguendo la storia da due punti di vista: il primo è quello di Doron, comandante della squadra di Mista’arvim, e dei suoi uomini che lavorano sotto copertura per catturare potenti e potenziali terroristi. L’uomo torna in azione dopo 18 mesi, convinto di aver ucciso Taufiq Khammed (da qui parte il secondo punto di vista della storia) di Hamas, conosciuto anche con i nomi di Abu Akhmed e “La pantera”, un attivista palestinese accusato di vari attentati ai danni degli israeliani. Quando scopre che in realtà è ancora vivo e che intende contattarlo durante il matrimonio del fratello, Doron organizza un’operazione insieme alla sua squadra nel tentativo di catturarlo, ma la missione fallisce e finisce in un bagno di sangue, che chiamerà altro sangue. Una vendetta dietro l’altra, una morte dietro l’altra, al fine di far crollare una delle due fazioni.
Fauda in arabo significa ‘caos’, una parola che descrive alla perfezione la situazione tra due popoli che si sono combattuti per decenni sullo stesso territorio, senza arrivare a una soluzione pacifica – gli eventi attuali altro non fanno che allontanarci proprio dalla pace. L’obbiettivo del regista Assaf Bernstein, è proprio quello di raccontare due storie diverse, una israeliana e l’altra palestinese, viste da altrettanti punti di vista differenti, senza però accusare nessuno o dar ragione a qualcuno. La serie è principalmente in arabo, una lingua che nella percezione israeliana è molto usata in altri contesti, come la satira. Questo ha iniziato a cambiare la percezione della lingua semitica stessa, che, complice Fauda, si inizia a studiare anche nelle scuole.
Per il suo realismo crudo e veritiero, talvolta violento, Fauda ha debuttato in patria nel febbraio 2015, accogliendo subito un successo di pubblico e critica, avvicinandosi al modello statunitense di Homeland. Non a caso la storia di Doron sembra molto vicina a quella del suo interprete, nonché creatore della serie, Lior Raz e si scopre subito perché: l’attore era già membro delle unità speciali antiterrorismo e gli eventi narrati in Fauda prendono spunto dalle sue esperienze sul campo. Nonostante la caratterizzazione dei personaggi non sia originale e si contorce il naso per alcune scene troppo da telenovela, Fauda colpisce per il coraggio di raccontare una storia così reale e viva (alcuni episodi sono stati girati durante la guerra), dando un volto ai terroristi, in un mondo in cui la finzione mostra sola degli universi perfetti dove alla fine c’è sempre il lieto fine.