L’ATTESA, UN VIAGGIO INTERIORE INTENSO E COMMOVENTE
In sala da tre settimane, se non siete ancora andate a vederlo, non perdete l’occasione: L’Attesa, lungometraggio di esordio di Piero Messina, in concorso a Venezia, è stato ingiustamente, come capita spesso, accolto peggio dalla critica italiana che da quella straniera, che lo ha amato. Ma lasciamo perdere queste inutili puntualizzazioni.
Il film (liberamente ispirato a La vita che ti diedi di Luigi Pirandello) racconta una storia emotivamente coinvolgente, con uso della macchina da presa e degli spazi molto affascinante. Ho sentito qualcuno dire “ma non succede niente”. Come niente? È un viaggio interiore profondo, carico di suspance, di desiderio, di attesa appunto.
L’attesa di una madre del “momento giusto” per svelare alla ragazza di suo figlio un’atroce verità. L’attesa di una donna di trovare il “momento giusto” per accettare questa verità. È la dilatazione del tempo e dello spazio, in cui due donne si rifugiano, una con pacata sofferenza, l’altra con aspettativa e curiosità.
Personaggi scritti per essere interpretati con grande talento, quello che non manca a Juliette Binoche, che ci regala una delle interpretazioni femminili più belle degli ultimi anni. Brava la giovane Lou De Laage, e come al solito, credibile e vero Giorgio Colangeli, qui voce e corpo della razionalità, in una storia dove il cuore e l’istinto di sopravvivenza al dolore padroneggiano.
La Sicilia, finalmente fotografata come un’oasi, e non come una cartolina, diventa un territorio in cui perdersi, alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi, nell’attesa vana che quel momento di vita non finisca mai. E quanta bellezza nell’irruzione della vita in quella casa solitaria e troppo grande, quando arrivano due ragazzi sconosciuti, Domenico Diele e il bravissimo Antonio Folletto (che già aveva colpito in Tre Tocchi di Marco Risi), attore che con l’occasione giusta arriverà lontano.
Un plauso a Indigo Film (Francesca Cima, Carlotta Calori e Nicola Giuliano i produttori), che scelgono di produrre opere prime coraggiose e non scontate, offrendo al pubblico una valida alternativa al “già visto”.