The End of the Tour: recensione film

LA TOCCANTE CONVERSAZIONE CON DAVID FOSTER WALLACE

the end of the tour posterGENERE: biografico

DURATA: 106 minuti

USCITA IN SALA: 11 febbraio 2016

VOTO: 4 su 5

Inverno del 1996. Il giornalista David Lipsky, per conto della rivista Rolling Stone, trascorre cinque giorni in compagnia dello scrittore David Foster Wallace in occasione degli ultimi momenti di promozione del suo libro Infinite Jest. Durante questo periodo, Lipsky ha la possibilità di discorrere con l’autore di qualsiasi argomento: dall’amore alla morte, dalla società del tempo alle convenzioni, soffermandosi anche sulle dipendenze e sulle paure. Il tutto fedelmente registrato dal giornalista, il quale ha trascritto questi cinque giorni di conversazione nel suo libro Come diventare se stessi. Un’intervista sulla quale Lipsky sente il bisogno di ritornare quando, dodici anni dopo, apprende del suicido dello scrittore.

Con The End of The Tour, il regista James Ponsoldt rende il suo personale tributo a una delle menti più brillanti e complicate della letteratura americana dell’ultimo secolo. Quello che colpisce e affascina di questa sua pellicola è la modalità con la quale Ponsoldt decide di trasporre sul grande schermo una figura così rilevante e complessa. Il suo non è infatti un film “classicamente” biografico, che ha la pretesa di ricostruire la vita del soggetto in esame interpretandone l’infanzia e la giovinezza per ritrovarvi i motivi della sua poetica e delle sue scelte. L’opera di Ponsoldt compie in realtà un’azione molto semplice e allo stesso tempo molto rispettosa, ponendo in primo piano l’elemento cardine sul quale l’esistenza di Wallace si è basata e sul quale l’attività di ogni scrittore poggia la propria natura: la parola.

In The End of The Tour il vero protagonista è, infatti, il dialogo tra Lipsky e Wallace, che cattura su di sé tutta l’attenzione che normalmente, in un’opera filmica, si riserverebbe all’azione. Grazie al materiale prezioso costituito dalla trascrizione della conversazione tra i due, Ponsoldt può far parlare direttamente il suo protagonista: è nelle sue parole e nelle risposte che dà a chi lo intervista che noi possiamo avere un assaggio di chi era davvero David Foster Wallace.

«Uno che, dopo averci parlato solo qualche minuto, ti sembra appena sbarcato da una navicella spaziale»: così lo descriveva la sorella Amy e così appare agli occhi del giovane Lipsky. Uno sguardo, quello del giornalista, che indaga l’autore che gli sta davanti mosso da due sentimenti: la riverenza e l’invidia. Anche Lipsky è infatti uno scrittore, ma le sue opere non hanno ricevuto la medesima, entusiasta accoglienza di quelle di Wallace e, dunque, questo incontro può divenire l’occasione per cercare di capire come pensa e come vive il celebrato autore statunitense. Ma se c’è una cosa di cui, subito, il giornalista si accorge con stupore è la paura con la quale Wallace lo affronta, la stessa che Lipsky nutre nell’accostarsi a una figura di così alta levatura. Il timore di non essere apprezzato come persona è ciò che subito sorprende di quest’autore, che vive con ansia il momento in cui i ruoli saranno ribaltati: per una volta, infatti, egli non sarà il soggetto che racconta ma l’oggetto raccontato, perdendo il potere che è solito esercitare sulle sue parole che verranno invece plasmate e modellate da qualcun altro.

In questo, nel dar voce e corpo a una tale fragilità d’animo e a una tale profondità di pensiero, Jason Segel dà un notevole contributo con la sua ottima interpretazione. Avvezzo a lavorare in film comici e leggeri, l’attore (che i più ricorderanno per essere il Marshall della serie tv How I Met Your Mother) mostra una rispettosa compostezza nel dar vita sullo schermo alla figura dello scrittore, esaltandone l’intelligente sensibilità e facendo del suo fisico lo specchio fedele di una timida goffaggine.

In The End of the Tour è possibile scorgere anche degli elementi comuni al più classico road movie americano: il viaggio in auto dei due David compie un movimento orizzontale tra le città statunitensi dove promuovere Infinite Jest ma, allo stesso tempo, il percorso affronta anche la verticalità, portando i due protagonisti in un’esplorazione interiore che li renderà, “alla fine del tour”, diversi e mutati rispetto all’inizio.

Il film di Ponsoldt si rivolge sia a chi conosce già l’opera di David Foster Wallace sia a chi non ha mai letto nulla di questo autore. I primi potranno ritrovare in questa pellicola un amico prezioso, una figura importante capace di interpretare con coraggio e lucidità i turbamenti e le contraddizioni del nostro tempo; i secondi invece desidereranno, alla fine della visione, andare in libreria per approfondire l’universo dello scrittore statunitense, iniziando a loro volta con lui la loro personale, intima conversazione.

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