HELEN MIRREN E IL REGISTA SIMON CURTIS A ROMA PER PRESENTARE WOMAN IN GOLD
L’attrice Premio Oscar per The Queen è approdata nella Capitale insieme al regista Simon Curtis per presentare l’ultimo lavoro, Woman in Gold, alla stampa. Il film racconta la vera storia di Maria Altmann, donna ebrea sopravvissuta all’Olocausto, nata nel 1916 e morta nel 2011, che insieme al giovane avvocato E. Randol Schoenberg, ha combattuto il governo austriaco per quasi un decennio per recuperare l’iconico quadro di Gustav Klimt Ritratto di Adele Bloch-Bauer I appartenuto a sua zia, confiscato dai nazisti a Vienna poco prima della seconda guerra mondiale.
Accolti con gran calore, Helen Mirren e Simon Curtis hanno risposto alle domande della stampa in conferenza. Woman In Gold uscirà nei cinema il 15 ottobre e sarà distribuito in 22o copie. Negli Stati Uniti il film è rimasto in programmazione 19 settimane, facendo successo grazie al passaparola: la gente chiedeva di vederlo. Woman in Gold è stato un successo clamoroso. Una curiosità: Helen Mirren ama l’Italia e nel Salento possiede 400 piante di melograno, da cui spera in futuro di produrre succo e venderlo.
Cosa ha rappresentato per lei Maria e cosa le ha lasciato questo personaggio?
Helen Mirren: Da bambina sono cresciuta in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Anche se non l’ho vissuta sulla mia pelle, quella storia ha fatto parte della mia formazione. Ricordo che chiedevo ai miei genitori cosa significasse subire bombardamenti e credo che questo sia molto importante. Fare questo film è stato come tornare alla generazione dei miei genitori, anche se non hanno fatto quell’esperienza, l’hanno vissuta. Cercare di capire in quei momenti così scuri è incomprensibile e impensabile tutto ciò. Eppure oggi ci troviamo di fronte a situazioni molto simili: quello che accade con i profughi siriani, in Ruanda, quello che è successo tra Serbia e Croazia. Tutte queste cose non hanno avuto una fine ma è importante ricordarsi tutto ciò e i comportamenti che ne implicano.
Vivere questo personaggio e questa storia l’ha portata a ricordare la storia della sua famiglia? Suo nonno, ad esempio, ad un certo punto dovette abbandonare la Russia mentre scoppiava la Rivoluzione d’Ottobre.
Mirren: Ho pensato più alla mia bisnonna e alle mie prozie che erano state costrette a lasciare le loro proprietà in Russia per vivere in un piccolo appartamento diviso da più famiglie. Il passaggio da questa condizione è enorme, ma sono riuscite a sopravvivere. La cosa più importante è stata quella di mettermi in testa i ricordi veri di Maria, quello che lei aveva vissuto. Ho letto molto sull’Olocausto, come “Ascesa e caduta del Terzo Reich”, che è una lettura eccezionale che consiglio a tutti di fare perché spiega come questo è accaduto.
Curtis: Questo film ha avuto grande eco in America, non solo perché racconta di una famiglia ebrea e dell’emigrazione, ma è un qualcosa di più generale e di più ampio, ed è quello che ho cercato di raccontare: cosa si prova a lasciare il proprio paese e la propria famiglia.
Nel film vediamo sempre una copia del quadro. Non è stato mai possibile riprendere l’originale?
Simon Curtis: Hai ragione, è una replica. Non potevamo usare l’originale perché è a New York ed è dietro a un vetro e non sarebbe stato possibile trasferirlo. Abbiamo dovuto ricorrere a una copia fatta da un pittore di Londra bravissimo. Cosa che mi rende orgoglioso è che la Neue Gallery, dove l’originale è conservato, dopo l’uscita del film ha registrato un incremento di visitatori che volevano vedere il quadro.
In una sequenza del film si dice che le ultime opere trafugate dai nazisti sono rimasti ai prigionieri politici. Ci spieghi questo concetto.
Curtis: Questo l’ho chiesto anche al vero avvocato, domandandogli perché oggi è così importante far ritornare ai legittimi proprietari le opere trafugate e lui mi ha detto che alla fine della seconda guerra mondiale i costi, in termini umani, erano stati così alti che nessuno si sognava di elevare l’arte come qualcosa che fosse stata vittima di questa guerra. Ci è voluta un’intera generazione prima che si iniziasse a parlare dell’arte come qualcosa di trafugato che andava restituito.
Lei dà l’idea di essere una donna che non ha paura di invecchiare e interpreta la terza età in molte sue pellicole in modo divertente ed ironico. Qual è il suo segreto e il suo consiglio per vivere al meglio questa fase della vita da un punto di vista professionale e personale?
Mirren: Oh mio Dio. Penso che in Italia siete meglio di chiunque altro nel mondo. Qui c’è questo amore per il bello, per la gioventù e questo è quello che anche io provo. Mi piacciono le cose belle e giovani. La realtà è questa: o muori giovane o invecchi, non ci sono vie di mezzo. La vita è così straordinaria. Mi dispiace per Kurt Cobain che è morto così giovane perché non ha conosciuto il GPS. Invece io lo trovo fantastico, sarà che mi piacciono molto le mappe, quindi sono così felice di aver conosciuto Internet e il GPS. Credo sia veramente importanti essere sempre interessanti all’innovazione e all’idealismo. E’ importante spingerlo, ammirarlo nei giovani e incoraggiarli perché appartiene a loro. Si deve operare per cambiare il ruolo della donna nella recitazione così come nella vita. Alla sua età, Greta Garbo sentì di ritirarsi all’età di 38 anni. Oggi invece a quest’età le attrici stanno cominciando a sbocciare: penso a Nicole Kidman, Jennifer Aniston e Cate Blanchett. La situazione è completamente cambiata.
Se Maria fosse stata italiana sarebbe morta senza avere nessuna ragione perché abbiamo una giustizia pessima. Ci spiega cosa ha provato quando ha visto la Masseria per la prima volta?
Mirren: Sì, il sistema giuridico italiano è molto interessante. Alcuni dei più grandi giudici che hanno combattuto la mafia sono italiani e ho un grande rispetto per loro, sebbene sia molto complesso sul punto di vista burocratico e devi essere molto paziente. Quando ho visto la Masseria per la prima volta è stato come se avessi visto la Luna Piena che si alzava dal mare ed è stata una cosa che mi ha rapito il cuore.