Dobbiamo parlare: recensione film

DOBBIAMO PARLARE, UN FILM SUL POTERE DELLE PAROLE NELLA COPPIA

Dobbiamo parlareGENERE: commedia

DURATA: 101 minuti

USCITA IN SALA: 19 novembre 2015

VOTO: 3 su 5

Vanni e Linda sono una coppia che convive in un attico nel centro di Roma. Lui scrittore, lei ghostwriter, collaborano nella vita lavorativa e sembrano perfetti in quella amorosa. Una sera come tante sono letteralmente presi in ostaggio in casa loro dalla coppia di amici Costanza e Alfredo (Prof), che attraversano una crisi legata a tradimenti e questioni economiche. I loro continui litigi portano anche Vanni e Linda a confrontarsi con la propria realtà di coppia: i due infatti, anche se molto innamorati, hanno dei rancori e nascondono alcuni segreti.

Dobbiamo parlare: due parole tanto semplici ma che alle coppie fanno molta paura, perché quando “si deve parlare” ci sono problemi e la fine dell’amore è annunciata. Nell’ultimo film di Sergio Rubini si parla, e tanto. E alla base di tutte queste parole c’è un puntiglioso e preciso lavoro di scrittura che rappresenta il maggior punto di forza della pellicola, che diverte e colpisce lo spettatore in più punti. La sceneggiatura è firmata da Rubini e Carla Cavalluzzi insieme allo scrittore Diego De Silva, e due dei quattro attori vestono i panni di chi vive scrivendo libri e articoli: è corretto quindi dire che Dobbiamo parlare è un film sulle parole. Inoltre l’impostazione è evidentemente teatrale: non a caso prima di iniziare le riprese i quattro attori hanno solcato le scene durante una piccola tournée avendo così un primo imprinting che ha consegnato loro una certa famigliarità con la storia.

A confermare il senso di teatralità è l’unicità della location. In questo senso è giusto dire che i protagonisti non sono i quattro attori principali, ma ce n’è un quinto, appunto la casa. Questo luogo che imprigiona le coppie senza lasciarle uscire, e che riesce ad irritarle e a innervosirle creando continui problemi, e che dietro la sua bellezza nasconde tante ferite. Proprio come coloro che la abitano, in apparenza tanto innamorati ma con segreti e rimorsi nascosti.

Tra gli attori a spiccare per simpatia e “particolarità” è Fabrizio Bentivoglio nei panni del chirurgo Alfredo, che sfoggia un dialetto romanaccio che non siamo per niente abituati a sentirgli, ma che riesce a dominare senza sfigurare in modo molto divertente: se il suo personaggio non ci fosse stato gli equilibri sarebbero di certo crollati. Al suo fianco Maria Pia Calzone, la moglie col pallino del denaro, irritante e snervante, che può fare torti ma non accetta di subirne senza ricavarne nulla a suo favore. Dall’altra parte Rubini e Isabella Ragonese: lei è una ragazza debole che vive all’ombra di lui, ha paura di qualsiasi animale così come di prendere delle decisioni alla luce del sole, motivo che la porta a nascondere ciò che fa. Lui, invece, è il tipico uomo mite che preferisce chiarirsi in modo pacato, che si tiene tutto dentro per, naturalmente, infine esplodere.

Ma i problemi non sono solo quelli di coppia, ma anche quelli fra i singoli che non riescono ad accettare le differenze dell’altro, e si iniziano a vomitare addosso confidenze private creando un circolo vizioso di urla e isterismi che portano alla luce verità nascoste e inevitabili (e fin troppo rimandati) confronti.

Quattro adulti che non riescono ad uscire da un appartamento senza prima affrontarsi a viso aperto sui propri problemi ricordano un altro film, Carnage di Roman Polanski, a cui evidentemente Rubini si ispira, e forse avrebbe dovuto pensare anche a riprenderne la durata, perché qualche minuto in meno di urla avrebbe alleggerito la visione, ma il messaggio finale del film rimane invariato, concentrando sull’importanza e sulla funzione del dialogo e delle parole il futuro di queste coppie.

Ma loro sono anche la fotografia dell’Italia di oggi, quella che conosciamo ormai fin troppo bene: da una parte la famiglia borghese di centrodestra, che continua a riappacificarsi e rimanere insieme nonostante i tradimenti e i litigi, solo per convenienza e interessi; dall’altra i due intellettuali radical chic di sinistra che predicano l’umiltà e la sincerità ma spendono un patrimonio tra casa e personale domestico, e portano avanti progetti senza che l’altro lo sappia. E alla fine, come nella nostra politica, la destra rimane in piedi e continua ad andare avanti in nome del dio denaro, mentre la sinistra continua a dissolversi e a distruggersi dal proprio interno. E allora ecco che quelle due paroline, “dobbiamo parlare”, hanno fatto il loro lavoro.

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