KOYAANISQATSI, LA VISIONARIA OPERA PRIMA DI GODFREY REGGIO
Una parola compare al centro dello schermo a grosse lettere rosse su uno sfondo nero. Allo stesso tempo, parte la musica. Poi, i caratteri si dissolvono e prendono il loro posto quelli che sembrano essere dei simboli tribali. Si inizia a sentire un coro, le voci sono profonde e ripetono in continuazione, come fosse una preghiera o un canto di una danza tribale, quella stessa parola: Koyaanisqatsi.
Koyaanisqatsi è un film del 1983 diretto da Godfrey Reggio. E’ il primo film del regista americano ed una delle opere prime più notevoli fuoriuscite dal panorama cinematografico Usa. Il progetto è nato dalla collaborazione tra Godfrey Reggio e Ron Fricke, direttore della fotografia. I due iniziarono a lavorarci nel 1975 e la produzione durò sette anni.
Nella distribuzione furono aiutati dal regista Francis Ford Coppola che, successivamente ad un incontro con Reggio, decise di presentarlo, aggiungendo il suo nome ai titoli di testa. Il successo che ottenne il film, permise al regista di realizzarne altri due, Powaqqatsi nel 1988 e Naqoyqatsi nel 2002.
Koyaanisqatsi è un film difficile da catalogare. Senza attori, senza trama, dialoghi o voce fuori campo. Il film si basa completamente sulle immagini e la musica che lo compongono. Inizia con grandi riprese aeree di paesaggi naturali, si passa dalle rocce e dallo scenario desertico della Monument Valley, alle onde dell’oceano, fino a pittoresche inquadrature del cielo seguendo i movimenti delle nuvole. Poi, improvvisamente, si entra a contatto con l’uomo. Si passa dalle fabbriche, dalle miniere e dai campi coltivati, a scenari di vita urbana: le strade affollate di New York, il traffico, le luci notturne.
Queste immagini si susseguono una dopo l’altra, alcune volte in slow-motion, altre volte nettamente accelerate. Ad accompagnare questo flusso costante c’è la colonna sonora realizzata da Philip Glass che fa da guida, dando tono e ritmo al film. Le sue melodie ripetitive, caratterizzate dall’utilizzo di sintetizzatori, organi e cori, acquistano un carattere spirituale che non richiama l’attenzione su di sé ma si lega perfettamente alle immagini, a volte aumentando la tensione, altre volte trasmettendo un profondo senso di tranquillità agli spettatori.
“Koyaanisqatsi” è una parola della lingua amerinda hopi e significa: “vita in tumulto”, “vita caotica” o “uno stile di vita che richiede un altro modo di vivere”. Il tema principale del film è indubbiamente l’impatto dell’uomo sulla terra, si potrebbe considerare un film di denuncia ambientale ma è piuttosto una meditazione sul rapporto incrinato tra l’essere umano e la natura.
In alcune immagini, infatti, la città è rappresentata con la stessa grandiosità dei migliori paesaggi naturali; in queste scene gli edifici torreggianti ed i numerosi grattacieli ricordano le enormi rocce che formano il panorama frastagliato di Monument Valley. Lo scopo del film è quello di provocare gli spettatori, sollevare interrogativi ed invitare ad una maggior conoscenza e consapevolezza del mondo che ci circonda.
Godfrey Reggio si è giustamente rifiutato di definire il significato specifico del film, l’intento di Koyaaniqatsi, secondo il regista stesso, “è di offrire un’esperienza, piuttosto che un’idea”. Quello che rende questo film eccezionale è il potere combinato delle immagini e dei suoni. La varietà delle immagini e l’incantevole colonna sonora creano un’esperienza cinematografica unica, un viaggio che pone gli spettatori al di sopra di sé stessi e gli offre un punto di vista alternativo da cui osservare il mondo.