Mediterranea: l’odissea dei rifugiati

JONAS CARPIGNANO CI PORTA NEL CUORE DEL DRAMMA CON MEDITERRANEA

Mediterranea, Affiche

Una fotografia graffiante, inusuale per un film low budget, ma con tanta fame e voglia di raccontare il dramma contemporaneo che i rifugiati africani stanno vivendo da anni. Plauso speciale per il film di Jonas Carpignano (regista cresciuto in Italia), dal titolo inequivocabile: Mediterranea. Il dolore, la violenza cruda ed efferata, la sofferenza vissuta negli occhi scavati di un’intera generazione che l’Occidente preferisce ignorare.

Il racconto si snoda lungo le rotte dei migranti africani che scappano dai loro simili, da un terra senza padrone reclamata da tutti e voluta da nessuno. Non c’è destinazione, non c’è meta, soltanto l’ondivaga certezza di dover affrontare deserto e terra arida verso un luogo migliore. Il mare come liberazione, punto di partenza verso nuovi orizzonti e quindi una vita probabilmente migliore. Ma senza garanzie di rimanere in vita o meglio, ed è questo il tema del film, il valore della speranza è più forte dell’incertezza.

Mediterranea apre gli occhi sulla realtà, è un fiction si, ma che racconta il dramma con uno sguardo spietato e senza mezzi termini. La vita amara che molti di noi assaggiano brevemente soltanto davanti ad una lauta cena ad un telegiornale di distanza. Il film è stato selezionato dal Sundance Film Festival, prodotto da Chris Columbus e John Lesher tra gli altri, e pur con passo lento, ci porta, anzi ci trascina in un continente moderno e selvaggio, millenario e futurista.

Adattamento del cortometraggio omonimo, è la storia di Ayiva (il debuttante Koudous Seihon) e della sua determinazione incrollabile lungo la propria odissea in fuga dal Burkina Faso. La pellicola fa luce sulla crisi umanitaria che tante popolazioni sono costrette a vivere, per sfamare le proprie famiglie e non solo. Parliamo di una situazione fuori controllo, posta alla ribalta europea e che anche coinvolge il nostro paese in prima linea, con sbarchi continui e un’immigrazione senza confini.

Fotografia, interpretazioni e regia “risentono” del loro coinvolgimento emotivo legato ad una storia fatta di tradizioni, radici, ma anche tanta sofferenza e rancori. Una lotta a quanto pare senza fine, ben inquadrata da Carpignano che ci catapulta nel cuore del viaggio e non ci abbandona più. Camera a spalla segue lentamente il crocevia di uomini attaccati solamente all’ideologia di un possibile domani. L’unico.

 

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