“IL CONFORMISTA”, UN CLASSICO SENZA TEMPO
Bernardo Bertolucci è uno dei più celebri registi italiani di sempre. Fece i suoi primi passi nell’industria cinematografica come assistente di Pasolini. Proprio utilizzando soggetto e sceneggiatura dello scomparso poeta italiano, Bertolucci girerà il suo primo lungometraggio: La comare secca. I suoi successivi tre lavori (Prima della rivoluzione, Partner e La strategia del ragno) pur avendo uno scarso successo di pubblico, lo misero in evidenza come nuovo esponente del cinema avanguardistico italiano. In questi primi lavori si delineano quelli che saranno i temi centrali dell’opera del regista: l’ambiguità esistenziale e politica.
Questi stessi temi saranno al centro del suo lavoro successivo ed il primo successo commerciale del regista: Il conformista. La sceneggiatura, firmata dallo stesso Bertolucci, è tratta dell’omonimo romanzo di Alberto Moravia. In questo film, all’ascesa e caduta del fascismo è corrisposta la vita sentimentale e sociale di un giovane uomo italiano.
Marcello, interpretato da Jean-Louis Trintignant, è ossessionato dal concetto di normalità. Marcello sembra sentirsi alienato dalla società che lo circonda. Questo situazione lo disturba, fa di tutto per rendersi comune, tenta freneticamente di essere come tutti gli altri. Non crede realmente agli ideali fascisti ma non ha importanza, vuole comunque essere un vero camerata. E’ fascista, ma solo in una dittatura fascista. Allo stesso modo, si sposa non in quanto innamorato ma per il concetto di matrimonio; desidera il normale stile di vita famigliare e la regolarità della vita coniugale.
La sua ricerca della normalità ed il desiderio di uniformazione ed integrazione con il resto della società lo spingono a proporsi come agente della polizia segreta fascista. Si trasformerà, così, in spia e potenziale assassino per il regime fascista. L’obiettivo sarà, infatti, quello di eliminare Quadri, noto dissidente politico rifugiatosi in Francia ed ex professore di filosofia di Marcello.
Il film è composto da una serie di vignette non sequenziali, memorie di Marcello che gli tornano in mente mentre lui ed un agente della polizia fascista attraversano in automobile innevate strade di montagna francesi per assistere all’assassinio del professore antifascista. Durante il tragitto tornano alla mente del protagonista le varie esperienze che lo hanno caratterizzato e condotto al punto in cui si trova: si ricorda della madre distesa sul letto in attesa che il proprio autista le inietti una dose di morfina; si ricorda del padre in manicomio e della prosperosa domestica della moglie; ma anche degli abusi subiti da bambino e della pistola da lui utilizzata per difendersi.
Il regista rende volontariamente caotica, a tratti quasi irreale, questa serie di sequenze. Come a sottolineare la confusione dello stato mentale di Marcello e la sua insicurezza in alcuni aspetti della vita come la politica, l’amicizia, la sessualità. Ad esaltare ancora di più questo aspetto del film è la fotografia, forse la più spettacolare ad opera di Vittorio Storaro. Il direttore della fotografia italiano ha ottenuto durante la sua lunga carriera tre premi oscar (Reds, L’ultimo imperatore e Apocalypse now). Il conformista è certamente uno dei suoi lavori più riusciti. Tramite un’abile utilizzo di luce ed ombra e ed un’ottima scenografia che si rifà alla grandiosa estetica dell’era fascista, Bertolucci e Storari hanno realizzato immagini di incredibile bellezza. Le scene sono perfettamente strutturate e così belle da donare un ulteriore carattere di fantasia alla storia.
Il conformista è un film difficile da etichettare. Però è proprio l’ambiguità della storia e dei personaggi a rendere ogni proiezione della pellicola una nuova esperienza. Ad ogni visione, infatti, si scoprono diverse sfaccettature dei personaggi ed il finale sembra sempre implicare qualcosa di diverso. Il conformista è un film storico, stilisticamente fantastico, a tratti surreale. Un film unico, un vero classico del cinema.