L’OMOSESSUALITA’ VISSUTA DA DUE RAGAZZI MUSULMANI A NEW YORK
Quando guardiamo agli Stati Uniti non possiamo che pensare, specie dopo la storica sentenza della Corte Suprema del giugno scorso, alla massima espressione della libertà civile esistente al mondo. Eppure, nella realtà, non in tutte le fasce sociali che li popolano, esiste l’integrazione culturale che ci possiamo aspettare, anche nel centro mediatico ed ideologico del cosiddetto “mondo libero”. A raccontarci le sue contraddizioni interne ci pensa così il debuttante regista americano Jay Dockendorf, col suo lungometraggio (della durata di circa 80 minuti), Naz & Maalik, che esplora sia la già citata tematica omosessuale sia il pregiudizio nei confronti dei cittadini musulmani, nell’America post-11 Settembre.
I due protagonisti, che danno il titolo alla pellicola, sono infatti una coppia di amici musulmani, costretti a vivere in segreto l’attrazione che provano uno verso l’altro. Data l’intransigenza che la loro fede religiosa, difatti, riserva alle relazioni omosessuali, Naz e Maalik ancora non hanno trovato il coraggio di rivelarsi a parenti e amici. Intanto, per guadagnarsi da vivere, i due ragazzi si barcamenano tra l’acquisto a basso costo di biglietti della lotteria, olii e altri oggetti vari, e la vendita di questi per le strade della Grande Mela. Ed è proprio nel corso di una di queste contrattazioni, che incontrano un agente sotto-copertura, in maniera del tutto innocente all’inizio, il quale sta però indagando sul commercio delle armi di contrabbando. Senza volerlo, quindi, Naz e Maalik si ritrovano ad essere braccati da un agente dell’FBI, fattosi ulteriormente insospettire dal loro fare furtivo e misterioso, non conoscendo la reale natura dei loro incontri amorosi e perciò nascosti.
Jay Dockendorf, che scrive e dirige la pellicola, è come detto al proprio debutto dietro la macchina da presa. Il regista ha rivelato di essersi fatto ispirare da interviste, realizzate da lui stesso, con vari musulmani (tra cui alcuni gay non-dichiarati, per l’appunto), che gli hanno raccontato della stretta sorveglianza serbatagli dall’FBI, a New York, nel periodo successivo all’attentato alle Torri Gemelle, sentendosi spesso osservati, non riuscendo mai ad integrarsi pienamente nella società. A livello tecnico, invece, Dockendorf si rifà palesemente al cinema di Spike Lee (La Venticinquesima Ora), specie nelle riprese “urbane” della Grande Mela, e a quello di Richard Linklater (Boyhood), nella messa in scena delle iterazioni tra i protagonisti.
Confronti che potrebbero far urlare al sacrilegio, in particolare per il primo, ma nei quali va sempre tenuto conto di esser di fronte ad un prodotto indipendente nonché realizzato da un regista alla prime armi, perciò decidiamo di passar sopra alle varie imperfezioni artistiche (vedi la prova degli attori) e tecniche (una carente fotografia, per esempio) che gli 80 minuti di visione, di conseguenza, possono regalare. Ciò che si evince, in positivo, dal lavoro di Dockendorf, nel suo Naz & Maalik, è la volontà di raccontare una realtà controversa, con tematiche piuttosto scomode e comunque più attuali che mai, privilegiando allo stesso tempo la dimensione individuale dei protagonisti, piuttosto che l’interessante quanto problematico sfondo sfociale.