Drive, he said, 1971

“DRIVE, HE SAID”, L’ESORDIO ALLA REGIA DI JACK NICHOLSON

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Il tiro va a segno ma, improvvisamente, le luci dell’arena si spengono e gli applausi si interrompono. La partita di basket è sospesa.  La folla inizia a mormorare e ad urlare, mentre una voce dagli altoparlanti annuncia: “Signore e signori questa partita è stata interrotta per ragioni di sicurezza nazionale. Questa è un’operazione delle forze armate. Come potete vedere le uscite sono controllate dagli agenti della pubblica sicurezza. Nessuno deve abbandonare i propri posti. Stiamo cercando di stanare un agente nemico. Voltatevi verso la persona che avete accanto e cercate di vedere se ha un aspetto sovversivo.”

Così inizia Drive, he said, il film con cui Jack Nicholson debuttò alla regia. L’anno è il 1971, e l’attore americano era solo agli inizi dell’ascesa che l’avrebbe portato nell’Olimpo del cinema americano. Aveva appena finito di girare Easy rider, Cinque pezzi facili e Conoscenza carnale che lo resero un’icona della controcultura americana.

Il film è tratto dall’omonimo libro di Jeremy Larner e si concentra sulla vita in un campus universitario di due studenti: Hector e Gabriel, amici e coinquilini. Hector è la star della squadra di basket dell’università. E’ popolare a scuola ed ha davanti a sé un futuro promettente nel campo sportivo. Ama giocare a basket ma ultimamente è meno concentrato durante le partite e più svogliato durante gli allenamenti . E’ diventato difficile per lui dare tanta importanza al basket quanta ne richiede, invece, il suo allenatore. “Tu resti dopo le lezioni per correre in giro in mutande”, gli dice il suo coinquilino. La sua vita universitaria si complica ulteriormente quando si innamora della moglie di un suo professore, con la quale aveva una relazione.

Le preoccupazioni di Gabriel, invece, sono di tutt’altra natura. Studente paranoico, politicamente interessato e socialmente attivo, la sua unica e più grande paura è quella di essere chiamato dall’esercito e mandato in missione. “Questo non è un gioco. Questo è tutto. Questa è morte. Questa è la guerra, sparatorie, sangue, paura, uccisioni.”, dice. Farà di tutto per evitare di essere chiamato.

Tutti gli attori del film hanno una sorta di inaspettata sensibilità ed abilità nell’interpretare i propri ruoli che è assente nella maggior parte dei film che uscivano all’epoca. Nel film, inoltre, sono assenti quei cliché tipici dei film studenteschi. Nicholson, anche quando riprende i giocatori che giocano a basket, utilizza delle riprese innovative e di grande effetto.

Come già accennato, Drive, he said è l’esordio alla regia di Jack Nicholson.  Il film, però, non soffre della sua mancanza di esperienza, anzi acquista valore grazie alla passione ed inventiva con cui Nicholson si dedicò a questo progetto. Il film ha una sorta di ritmo nervoso. Il movimento della camera è, a volte, caotico, le angolature delle inquadrature cambiano in continuazione ed il montaggio è frenetico.

Il film acquista così un carattere disorganizzato che lo aiuta a raggiungere lo scopo, cioè la rappresentazione della tumultuosa esperienza universitaria dell’America degli ultimi anni sessanta. L’era delle proteste contro la guerra in Vietnam –le proteste erano all’apice durante le riprese del film nell’università dell’Oregon- e dell’amore libero. Il campus universitario finisce per diventare un piccolo microcosmo dell’intera società americana.

L’esordio alla regia di Jack Nicholson è stato ingiustamente trascurato e merita di essere rivalutato. Roger Ebert, il celebre critico cinematografico statunitense, quando Drive, he said uscì nelle sale, lo definì “un film disorganizzato ma, a tratti, brillante”. Forse adesso siamo in grado di apprezzare appieno l’ingegnosità della pellicola, accettandone la disorganizzazione.

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