IN SALA, KUNG FU PANDA 3 RACCONTA QUEL CONCETTO DI FAMIGLIA CHE OGGI INTIMORISCE IN TROPPI
Lo sappiamo. Spesso i film di animazione per bambini sono scritti, diretti e doppiati talmente bene che usciamo dal cinema più soddisfatti noi “grandi” dei piccoli. Ne escono per tutte le occasioni e stagioni, da Halloween a Natale, Carnevale e Pasqua, primavera ed estate. Personaggi che entrano in un batter d’occhio nelle nostre case, per la loro forma e voce, per i valori di cui si fanno portatori. Spesso sopravvivono alla moda, rimanendo per decenni su biancheria, pigiami, zaini, calzini e cappellini, attraversando generazioni ravvicinate e arrivando ad ignari fratelli che del film non sanno nulla, salvo poi proporgli il dvd e rimettere in moto quel processo infinito di innamoramento. In casa nostra circolano ancora modellini di Cars, alcuni sono diventati parte integrante dell’arredamento.
Anche Kung Fu Panda è ormai uno di noi. Po è cresciuto, si può dire, con i miei figli. Da quando roteava in aria per acchiappare i ravioli, per poi diventare guerriero dragone, fino ad oggi, in cui affronta la sua sfida più grande, passare da allievo a Maestro.
Esce in sala il terzo episodio, finalmente, domani 17 marzo: Kung Fu Panda 3. Inutile dirvi di correre a vederlo. È indispensabile, per vari motivi. Intanto perché la regia è co-firmata (insieme a Jennifer Yuh) da un italiano, Alessandro Carloni, classe 1978, che dal 2002 lavora per la DreamWorks, e questo ci rende orgogliosi assai (anche se preferiremmo che certi talenti fossero anche riconosciuti in patria). Poi perché l’avventura di Po è molto significativa. Cresciuto con uno step father (padre adottivo) oca, Mr Ping, Po riabbraccia il padre biologico in questo momento cruciale della sua crescita, proprio quando deve diventare insegnante di kung fu.
La prova definitiva sarà quella del bene contro il male, personificato in Kai, spirito malvagio, bestia della vendetta, così cattivo che riesce ad impossessarsi del KI altrui (o qi in cinese, è l’energia vitale).
Quello che colpisce di Kung Fu Panda 3, a parte gli effetti speciali, è l’approccio assolutamente aperto ed evoluto all’idea di famiglia: Po ha perso la madre da piccolo e non ha mai smesso di cercare e aspettare suo padre biologico. È tuttavia cresciuto sano, felice e amato grazie alla presenza di Mr Ping, il cuoco oca.
Quando ritrova il padre deve imparare a relazionarsi con lui, cosa che gli riesce immediata, e con la sua specie (panda), essendo cresciuto fuori dalla stirpe. Il suo è un percorso di conoscenza, scambio e bellezza.
Po si ritrova ad avere due padri, ed è felice con loro, e loro con lui. Apriti cielo. Ho letto e sentito dire che proprio per questo motivo il film sarebbe “da evitare”. Un film in cui ti insegnano che chiunque, anche se non agile e magro, o forte di natura, può raggiungere qualsiasi obiettivo essendo sé stesso e concentrandosi, si, è da evitare. Meglio qualche puntata di reality? Se i nostri figli escono dal cinema volendo iscriversi a qualche corso di arti marziali e commossi, beh, mi pare non ci sia uscita migliore da fare. E se qualcuno è infastidito dai padri di Po, come dice Fabio Volo, forse si deve curare. Ma da qualcuno bravo anche.