RUPERT GRINT E RON PERLMAN RICREANO L’APOLLO 11
DURATA: 107 minuti
VOTO: 2,5 su 5
Il 20 Luglio 1969 l’astronauta Neil Armstrong, comandante della missione Apollo 11, compiva il suo “piccolo passo” sulla superficie lunare, sancendo un “grande passo per l’umanità”. Nel 2001 il francese Philippe Lheureux pubblica un libro nel quale sostiene che le foto degli astronauti statunitensi siano in realtà dei falsi e che l’intera storica scena dell’allunaggio sia stata girata in studio sulla Terra. Non poteva quindi che essere un altro francese, Antoine Bardou-Jacquet, a dirigere un film che prende piede dalle teorie complottiste in seguito scatenatesi, dal sarcastico titolo di Moonwalkers.
Siamo per l’appunto nella fervente estate del ’69, quando all’agente della CIA Kidman, che porta ancora addosso i segni della traumatica esperienza in Vietnam, viene ordinato di volare in Inghilterra per assoldare il famoso Stanley Kubrick per realizzare un finto ma credibile allunaggio. Chi infatti meglio del “regista più importante della storia”, fresco del successo del suo 2001: Odissea nello spazio, potrebbe riuscire nell’arduo compito? Ma Kidman non ha fatto i conti con la disperata situazione economica dell’imbranato agente (dello spettacolo) Jonny, che nel classico contesto da “uomo sbagliato al momento sbagliato” si ritrova a dover sostituire il vero Kubrick e aiutare l’inflessibile soldato.
Ron Weasley/Rupert Grint/Jonny sarà cresciuto ma la faccia da impacciato ma simpatico “bravo ragazzo” è difficile da cancellare. A differenza degli ex-compagni d’avventura Radcliffe e Watson, ormai piantatisi negli USA, pur con risultati nettamente differenti, l’attore sembra più interessato a mantenere la propria carriera circoscritta alla patria natale, concedendosi raramente a nuove produzioni; perciò rivederlo all’opera come protagonista a distanza di anni non può che considerarsi almeno una piacevole occasione. Discorso sicuramente diverso per Hellboy/Ron Perlman/Kidman, più attivo che mai dopo l’acclamata serie Hand of God, anche lui scelto comunque in un ruolo “da duro” a cui ci ha già abituati. Per continua invece sulla scia del “chi si rivede” riappare la vecchia conoscenza di Misfits, Robert Sheehan, che aveva lasciato troppo presto orfani della sua irresistibile verve comica gli spettatori dello show della BBC, probabilmente il più memorabile del trio protagonista.
Moonwalkers parte da delle buone premesse, spazia dai Coen al primo Guy Ritchie, e si contraddistingue per la sua gustosa atmosfera “multietnica” data dalla collaborazione della produzione francese, come il suo regista (Antoine Bardou-Jacquet al suo personale debutto dietro la macchina da presa), con lo sceneggiatore britannico Dean Craig. Dev’essere quindi quest’ultimo il principale “indiziato” dell’abbondanza di squisiti riferimenti culturali che caratterizzano la Londra degli anni ’70 in cui è ambientata la pellicola; della continua ironia sul cinema e in generale sull’Inghilterra “ribelle” e fuori dagli schemi del tempo (lo stile camp della casa del regista non può che ricordare i super8 di Derek Jarman); fino alle divertenti prese in giro ai “cugini” americani, a testimoniare la storica linea sottile che unisce la produzione cinematografica inglese e Hollywood.
Dove il film fallisce però è nella sua evoluzione, mancante spesso di ritmo e di originalità (vedi l’ennesima scena da trip in stile Il Grande Lebowski di cui si poteva fare a meno), macchiandosi soprattutto di ripetute scelte scontate della trama, a volte forzate (l’intero pretesto con cui l’agente Kidman accetta di affidarsi a Jonny, non sta proprio in piedi) ma perlopiù prevedibili. Perfino l’interessante cast non sembra in forma come ci si potrebbe aspettare, rendendo Moonwalkers un film pieno di rimpianti, per quello che poteva essere e non è stato, e incompiuto, esattamente come il suo epilogo, che non riesce (o semplicemente non vuole) rispondere ai dubbi di partenza.