LA MAMMA AL CINEMA RACCONTA LA GRANDEZZA DELLA FIGURA DONNA
Ieri era la Giornata Internazionale della Donna. Il famoso 8 Marzo, tutto mimose e frasi storiche, regalini e anche un po’ di ironia. Perché non si può sempre parlare di femminicidio, violenza. La femminilità violata, le spose bambine, le donne pagate meno, la vecchia storia delle avances sul lavoro, insopportabili e vergognose. Ma c’è un modo per celebrare la femminilità, bello e potente. Ed è il cinema, un certo cinema. Proprio in queste settimane sono in sala alcuni film che raccontano storie di donne speciali, ma non irraggiungibili. Donne che potrebbero essere le nostre amiche, colleghe, madri, sorelle.
Iniziamo da Suffragette: il film racconta delle donne che nel 1912 in Inghilterra misero la loro vita in pericolo per ottenere il diritto di voto. Carey Mulligan interpreta una lavandaia vessata dal suo “padrone” datore di lavoro, succube di un sistema dato per scontato, quello in cui le donne devono lavorare essendo pagate meno, badare alla famiglia, senza avere diritto di genitorialità, e fine. Maryl Streep e Helena Bonham Carter interpretano due paladine, pronte a tutto per la libertà. La forza di queste donne è tale che è inevitabile piangere come vitelli. Non solo perché il film è ben scritto, ben girato – da una donna – Sarah Gavron – ma perché tocca qualcosa di atavico, di nascosto.
Nella vita di tutti i giorni, visto che molti diritti ormai sono conquistati, diamo per scontate tante cose. E non importa se in Paesi poco distanti da noi (Arabia Saudita ha approvato il diritto di voto nel 2011 rendendolo effettivo solo a fine 2015) continuano i soprusi. Abbiamo l’illusione di essere evoluti. Suffragette ci offre la possibilità, attraverso una storia semplice ma mai banale, di ricordarci chi siamo veramente, da dove veniamo e dove stiamo andando. Alla fine della proiezione, in sala, eravamo tutti commossi. Mentre infilavo il cappotto ho incrociato lo sguardo di una donna piu’ grande di me, sopra la sessantina. Sono stati pochi secondi, ma in quello sguardo c’era tutta la storia delle lotte e della grazia, della forza e della dolcezza delle donne, una strana complicità e consapevolezza struggenti. Non so spiegarlo, ma quando un film riesce a provocare tutto ciò, si può con certezza dire che è un film da non perdere.
Passiamo a Room (regia di Lenny Abrahamson): una giovane donna (interpretata dal fresco premio Oscar Brie Larson) è rinchiusa dal suo rapitore aguzzino in una specie di cantina – bunker, con il figlio avuto da lui, ovviamente dopo una violenza, che continua a subire ogni notte, rinchiudendo – in quei monenti – il piccolo nell’armadio per proteggerlo dall’orrore (il fil è tratto dal romanzo Room di Emma Donoughe, che firma la sceneggiatura e coproduce ed è ispirato al caso FRITZL, caso della giovane Elisabeth rimasta segregata per 24 anni). Questa madre, che ha costruito un mondo immaginario per loro due, ad un certo punto crede di poter tentare di liberare il figlio, e con estremo coraggio, ci prova. Room racchiude in una storia di violenza inaudita tutto ciò che di piu’ alto esiste nel sentimento materno e nel rapporto madre-figli. Con un attore bambino (Jacob Tremblay, 9 anni) che fa già concorrenza a Leo Di caprio.
The Danish Girl: qui è Alicia Vikander – la coprotagonista – ad aver giustamente vinto l’Oscar. L’attrice interpreta una donna innamorata, una compagna di vita, un’amica, amante, confidente, a tratti madre e sorella. Incarna l’amore assoluto che alcune donne sanno donare senza chiedere nulla in cambio. Supportare il proprio compagno in un percorso di consapevolezza e scoperta della propria identità sessuale, rinunciare all’esclusività di un rapporto per la felicità dell’altro, questo fa Gerda Wegener, moglie di Einar Wegener, che diventerà Lili Elbe, primo uomo ad essersi sottoposto all’intervento di rassegnazione sessuale (negli anni venti) Eccellente – nemmeno a dirlo – Eddie Redmayne nei panni del pittore paesaggista Wegener.
Se non lo avete ancora fatto, correte al cinema a godere di queste meravigliose storie d’amore, perché di questo si tratta: anche le Suffragette, lottando per il diritto delle donne inglesi, hanno donato se stesse con una forza e un amore infiniti al futuro di tutte le donne, anche quelle dell’Arabia Saudita.