CINEMA DI IERI PRESENTA “FIORE SECCO” DI MASAHIRO SHINODA
Sono passati tre anni. Tre anni in prigione per aver ucciso un uomo. Adesso Muraki è di ritorno a Tokyo. Intorno a lui, nella stazione dei treni, innumerevoli persone dal volto indefinito, si agitano, si spostano da una parte all’altra. “Mi fa girare la testa. Cosa diavolo stanno facendo? Cosa ci fanno tutte queste persone, stipate come in gabbia, in queste scatole di metallo? I loro volti sono senza vita, morti. Perché fare un tal chiasso per l’uccisione di una di queste stupide bestie? Ho passato tre anni in galera per questo… Una persona è morta ma non è cambiato nulla.”
Muraki è uno yakuza di mezz’età. In carcere sono spuntati i primi capelli grigi. L’espressione del volto è rigida. Le linee sul viso descrivono un uomo stanco, triste e senza prospettive. E’ finito in prigione per aver ucciso un membro della banda rivale. Ma, durante la sua assenza, la comparso di una nuovo gruppo mafioso ha costretto le due parti contrastanti ad instaurare una tregua ed il suo ruolo in questa nuova alleanza è incerto.
Muraki però non sembra esserne molto preoccupato e, in generale, mostra poco rispetto verso l’intero codice yakuza. E’ un lupo solitario, un compagno valoroso su cui si può contare ma, allo stesso tempo, una persona senza niente da perdere e senza alcuna direzione, che può agire per conto proprio senza farsi molti problemi. La sua logora esistenza ha luogo nelle serate di Tokyo e nelle bische della città.
Uscito di prigione va direttamente in un’abitazione dove si gioca d’azzardo. Qui, fa una conoscenza particolare. Incontra, infatti, una giovane ragazza, il cui viso innocente e i movimenti eleganti sono in netto contrasto con il luogo in cui si trova. Una figura inusuale per una bisca clandestina. I due sono immediatamente attratti l’uno dall’altro e loro vite si intrecciano, spinte dalla comune lotta contro la noia della vita e la passione per il gioco d’azzardo. Ma, quella che a prima vista sembrava essere una possibile causa di redenzione per Muraki, finisce per condurlo ancora più a fondo nel vicolo cieco della vita criminale.
Fiore secco è un film del 1964 diretto da Masahiro Shinoda. Pur essendo prodotto da una grande casa di distribuzione, ebbe enorme importanza in Giappone per l’allora emergente movimento di registi indipendenti. La pellicola univa le caratteristiche del genere noir con quello del crescente cinema d’autore europeo. Riusciva, così, a catturare l’attenzione del grande pubblico, mantenendo un forte carattere di originalità e innovatività.
Il protagonista del film è un amante del gioco d’azzardo. Ci sono numerose sequenze in cui vengono mostrati i personaggi giocare. Shinoda non si preoccupa di spiegare le regole del gioco, ma ne mostra chiaramente ogni minimo dettaglio. Focalizza però l’attenzione sui due personaggi principali. Così facendo attira gli spettatori nel misterioso vortice del gioco, in cui gli stessi personaggi sono intrappolati. Queste scene sono visualmente eleganti ed, immediatamente, fanno ripensare alle intime scene famigliari delle pellicole del celebre regista giapponese, Ozu. Per il quale Shinoda aveva, infatti, lavorato più volte come assistente.
In questa pellicola, scene di “cinema vérité”, in cui le facce perplesse della folla dei viandanti fissano direttamente l’obiettivo della telecamera, si alternano a lussureggianti e atmosferiche scene espressioniste splendidamente fotografate. Shinoda utilizza come sfondo una Tokyo decadente, vista per lo più di notte. Gran parte del film però è girata a Yokohama, dove un aspetto più vecchio e le numerose stradine e vicoli della città, davano alle riprese la sensazione di deterioramento ed oppressione che il regista stava cercando.
Riferendosi a Fiore secco durante un’intervista, il regista ha affermato: “Quando ho finito di girare il film, ho capito che la mia giovinezza era finita.” Si tratta, infatti, di uno dei più inquietanti ed enigmatici film noir della storia del cinema. Una pellicola esteticamente elegante, con uno spirito nero come la pece e dai tratti esistenzialisti. Un classico del genere.