IL MIO ULTIMO PENSIERO SARÁ PER VOI, SORELLA CARA
Hai bisogno di un prestito. Un piccolo prestito, a chi ti rivolgi? ci sarebbe il Pirata, ma lui è piuttosto vendicativo se non rispetti i patti. Ci sarebbe quel sarto però, sì Geremia mi pare si chiami. Oh è così caro, piccolo, un po’ anziano e non è che ecceda in bellezza, anzi ad onor del vero è proprio brutto! Un po’ incurvato su se stesso è vero, sembra proprio che nessuna se lo sia preso. Vive con quell’enorme madre che da sempre adagiata sul letto, come una dea, nulla fa e tutto pretende.
É vero Geremia, il sarto di cui si parla tanto, è un benefattore, concede i suoi soldi in cambio di un piccolo tornaconto. Un uomo dolce come i gianduiotti dei quali va ghiotto, ma non bisogna lasciarsi guidare dalle ingannevoli apparenze. Se ve ne prenderete gioco, verrete trascinati nell’immensità della sabbia pontina, dove un respiro soffocato e ansioso sarà l’unica cosa che riuscirete ad emettere prima che il violento colpo vi travolga, come fece con la sorella vestita di nero.
Ne L’amico di famiglia, terzo lungometraggio di Paolo Sorrentino, Giacomo Rizzo è interprete perfetto perché si abbandona al putridume, alla sporcizia d’animo, alla fanciullezza e infantilità del protagonista. Geremia nonostante sia pervaso dall’unica bruttezza degna solo di un roditore è un voyeur della giovane e paradisiaca bellezza, la osserva la tenta e l’aspetta con la stessa ammirazione di chi non è concesso assaporarla. La desidera con la stessa pressante intensità di chi sa che non può e non deve amarla.
L’amico di famiglia è un appellativo usato per nascondere la vergogna, la vergogna di non essere capaci, di non potere e dall’altro è la mancanza della stessa vergogna di uccidere la dignità altrui. E Geremia ne è infantile maestro in questo.
La triste semplicità della provincia laziale pontina viene sfruttata con grande respiro e un maturo equilibrio come perfetto paesaggio dell’angosciante realtà di disperati mondi alla ricerca di un aiuto economico. L’amico di famiglia diventa così vero ed unico gioiello in perfetto equilibrio tra forma e contenuto.
Il rapporto tra vecchiaia e giovinezza, sempre presente in qualche modo nella filmografia di Sorrentino, qui si incarna nel suo protagonista, indecente e schifoso egli è apparentemente forte, depravato ma pur sempre immaturo e indebolito nell’animo. Bieco e incarnito, oramai senza una luce di speranza.
Giacomo Rizzo è un artista che il cinema italiano l’ha sempre vissuto, anche se con ruoli minori. Nella sua interpretazione si percepisce il grande e costante lavoro che ha portato negli anni a teatro, dimora nella quale è stato spesso protagonista. Con il film di Sorrentino ottiene la sua opportunità di essere principale interprete in un lungometraggio. Rivela così in primo piano il suo enorme talento, non riducibile a ruolo di caratterista e che gli farà ottenere una nomination ai David di Donatello, ai Nastri d’Argento e il Premio Alberto Sordi come miglior attore dell’anno.
Il suo Geremia esprime il disagio di non sentirsi accettato, il suo viscido e infame doppio gioco di chi crede in un amore morboso, dal quale verrà illuso e che lo renderà immortale.