NATALIE PORTMAN PISTOLERA NEL SELVAGGIO WEST
DURATA: 98 minuti
VOTO: 3,5 su 5
Quello del western è un genere che a Hollywood ha potuto godere, negli ultimi anni, di una rinnovata e insospettabile vitalità. A livello popolare, il merito va dato soprattutto a Quentin Tarantino e ai suoi ultimi due film di gran successo commerciali, arrivati però quasi in “ritardo” rispetto ai precedenti segnati ora dall’altrettanto cult chiamato Il Grinta dei Fratelli Coen, ora da prodotti al botteghino “minori” ma complici, anno dopo anno, di questa improvvisa vivacità: film come Un treno per Yuma , Appaloosa fino al sottovalutato ma memorabile L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford di Andrew Dominik. Insomma, se perfino un commediante satirico e scorretto come Seth McFarlane arriva a cimentarsi nel genere che in passato ha visto brillare le stelle di Sergio Leone e Clint Eastwood, facile individuare in quale momento “storico” s’inserisce questo sofferto (come vedremo più avanti) ma appassionato Jane Got A Gun.
Jane Hammond è riuscita a rifarsi una vita con il marito Bill, dopo essere stata tormentata dagli uomini di John Bishop. Quando il marito ritorna a casa quasi morente crivellato di colpi, Jane decide di prendere in mano la situazione per salvare la sua famiglia da Bishop e i suoi uomini. Chiede aiuto al suo ex amante Dan Frost, che la inizierà all’uso delle armi da fuoco.
Natalie Portman, che ovviamente interpreta Jane, figura tra i produttori della pellicola ed è praticamente l’unica del cast principale ad esser stata presente fin dall’inizio nei progetti iniziali dei realizzatori. Numerosi, infatti, sono stati i forfait che hanno accompagnato la sua formazione: il villain John Bishop, prima di assumere definitivamente il volto di Ewan McGregor, doveva avere le sembianze di Bradley Cooper (che all’ultimo ha abbandonato per gli impegni sul set di American Hustle) e ancor prima di Jude Law (costretto a lasciare per doveri contrattuali); il fu Dr. Watson era a sua volta sostituto di Joel Edgerton, che compare sì nel film (e ne è co-sceneggiatore) ma nel ruolo di Dan Frost, in principio assegnato a Michael Fassbender, che ha lasciato anche lui per il set di X-Men: Giorni di un futuro passato.
Insieme al cast, l’intera produzione (sia “pre” sia “post”) del film è stata piuttosto travagliata. Persino il regista è infatti cambiato in corsa, passando dalla Lynne Ramsay di …e ora parliamo di Kevin (a cui era legata contrattualmente Jude Law) ad un altro filmaker pluri-premiato Gavin O’Connor, avvicendamento che si è poi riproposto nella fotografia, da Darius Khondji a Mandy Walker. La sceneggiatura originale di Brian Duffield, a un certo punto finita nella Black List di quelle irrealizzate, è poi stata riscritta da Anthony Tambakis, chiamato dallo stesso O’Connor per la loro precedente collaborazione in Warrior. Infine, anche la distribuzione è stata a dir poco tormentata, posticipata più volte dalla Relativity Media negli USA, che dopo aver dichiarato fallimento ne ha persi i diritti, sostituita dalla Weinstein Company che ha fissato la data per il 29 Gennaio di quest’anno. A novembre doveva uscire in Francia, ma anche in quel caso, gli attentati di Parigi hanno fatto slittare il tutto.
Vicissitudini che probabilmente hanno condizionato la riuscita del film, un po’ come successo a predecessori come il Parnassus di Terry Gilliam (anche se lì, come sappiamo, le circostanze eran certamente più fatali) e simili. La novità insita nel protagonista femminile, moderno e anti-convenzionale, inquadrato com’è in un mondo così storicamente patriarcale (ma anche qui, si vede comunque anticipata dalla Sharon Stone di Pronti a morire), è tradita da una certa canonicità nella messa in scena, la quale si distingue però per il suo ottimo ritmo, la buona interpretazione dei protagonisti e retta da tecnici e autori più che capaci. Certo, se si vuol cercare il nuovo Jesse James o al limite Django Unchained, si rimarrà delusi, ma agli amanti del genere Jane Got A Gun si mostra come un piccolo e divertente omaggio (proprio come lo fu il citato film di Raimi) ad una tradizione che sta via via resuscitando e dove, soprattutto, si respira la passione di tutti i suoi realizzatori, che ha evidentemente permesso di completare il progetto, nonostante le difficoltà.