Marguerite e Julien – la leggenda degli amanti impossibili: recensione

MARGUERITE E JULIEN, LA STORIA DI UN PECCATO SENZA TEMPO IN UN FILM ATIPICO

M&J-POSTER-ITAwebGENERE: drammatico
DURATA: 103 minuti
USCITA: 1 giugno 2016
VOTO: 2 su 5

Valérie Donzelli prende in mano la sceneggiatura del 1973 di Jean Gruault, scritta per Truffaut, e ne fa un film atipico, atemporale per raccontare il peccato e reato più antico del mondo: l’incesto.

Marguerite (Anaïs Demoustier) e Julien (Jérémie Elkaïm) sono due fratelli molto affezionati l’uno all’altra e crescendo questo affetto sfocia in un’animalesca passione.
Per contenere il dramma, i genitori spediscono Julien a studiare all’estero e fanno incontrare pretendenti a Marguerite.

Finiti gli studi di uno e pronti a celebrare il fidanzamento dell’altra, Marguerite e Julien si ritrovano nuovamente sotto lo stesso tetto. Non sono più degli ingenui ragazzini e i loro “giochi” scandalizzano la comunità, così i due decidono di scappare per poter vivere liberi il loro amore.
Mentre tutti iniziano a dare la caccia ai fratelli per portarli davanti a un giudice, come allora Giuseppe e Maria, Julien e Marguerite, seduta su di un asinello, scappano da Tourlaville per raggiungere il mare per potersi imbarcare per l’Inghilterra.

Nato come dramma in costume, la Donzelli cerca di eliminare ogni connotazione temporale, ma estraniando la storia da ogni contesto storico la regista finisce per confondere lo spettatore. Con il suo film Valérie Donzelli riesce a non condannare né approvare le parti, e racconta la storia dei fratelli di Tourlaville come un film fantascientifico, forse la reale dimensione per poter trovare dei genitori che non condannino i propri figli per la loro relazione.

La decisione, poi, di lasciar raccontare la storia dei due amanti impossibili a una voce narrante, più che ai dialoghi dei protagonisti, tinge la vicenda di toni favolistici che, con l’aggiunta di elementi presi da momenti storici diversi, crea una storia dove il re di Francia coabita con il calciobalilla e gli elicotteri.

Ma non sono solo gli oggetti inseriti a destabilizzare, la regista gioca anche con vari linguaggi usando fermo immagini per aprire vari momenti della storia, come l’inizio di un nuovo capitolo di un libro, e foto che ricordano un reportage sugli scontri tra polizia e civile delle varie manifestazioni, per raccontare il momento della cattura dei fratelli.
Per cercare di non dare un tempo a questa storia, la regista finisce per mal mescolare vari elementi creando un film atipico ma dai toni kitch.

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"Okay...we have to dance it out"