IL MUSEO DEL PRADO PRODUCE IL DOCUMENTARIO IL GIARDINO DELLE DELIZIE, SULL’OPERA DI HIERONYMUS BOSCH, ORA NEI CINEMA SPAGNOLI. ECCO IL TRAILER!
Dal 9 giugno è nelle sale spagnole (e sarà prossimamente in quelle italiane) Il giardino delle delizie, un documentario sull’omonima opera di Hieronymus Bosch prodotto dal museo del Prado. Un lavoro che arriva in concomitanza con il quinto anniversario della morte dell’artista: per l’occasione è stata anche organizzata una mostra di grande successo nella sua città natale, ’s-Hertogenbosch in Olanda, che ha raccolto i suoi maggiori capolavori presi in prestito dai più grandi musei del mondo, e che ora è ospitata a Madrid fino al prossimo 11 settembre.
Tra le opere dell’artista in mostra al Prado c’è anche il trittico Il giardino delle delizie: una complessa e ambiziosa opera che esternamente presenta la creazione del mondo, mentre nei tre pannelli interni raffigura l’incontro tra Adamo ed Eva, un ammonimento morale per l’uomo e le inquietanti punizioni dell’inferno.
Proprio Il giardino delle delizie è protagonista del documentario diretto da José Luis López-Linares, nato da un’idea dello storico dell’arte Reinaert Falkenberg che è anche la voce narrante di queste numerose scene, tra uomini, animali e creature fantastiche, che costellano il grande trittico: riprese ravvicinate, dettagli di elementi tanto affascinanti quanto complicati nei loro significati.
Hanno partecipato al progetto, oltre a storici e storici dell’arte, anche scrittori, musicisti e artisti, come Cees Nooteboom, Salman Rushdie, Orhan Pamuk, Nélida Piñon, William Christie, Renée Fleming, Miguel Barceló, Isabel Muñoz, Cai Guo-Qiang e José Manuel Ballester. Presente anche il contributo italiano, grazie a Ludovico Einaudi: il suo brano Passaggio, tratto dall’album Le Onde, fa parte della colonna sonora.
(Per i più curiosi, ricordiamo che portano il titolo dell’opera anche altri tre film, datati 1967, 1970 e 2004. Il primo diretto da Silvano Agosti (con musiche di Ennio Morricone), il secondo da Carlos Sauro, il terzo da Lech Majewski: tutti accomunati da una riflessione sul trittico di Boch).