SEPPUR CON BUONI EFFETTI SPECIALI, BEN-HUR È UN IMBARAZZANTE E MAL RIUSCITO REMAKE DEL KOLOSSAL DEL 1959
GENERE: storico, drammatico
DURATA: 123 minuti
USCITA IN SALA: 29 settembre 2016
VOTO: 2 su 5
Al tempo di Cristo, il nobile giudeo Giuda Ben-Hur (Jack Huston) e suo fratello adottivo, il romano Messala (Toby Kebbell), non sono parenti di sangue, ma sono legati da una forte amicizia. Un giorno quest’ultimo decide di partire per Roma ed arruolarsi nell’esercito sotto Ponzio Pilato (Pilou Asbæk). Al suo ritorno, Messala e Ben-Hur hanno idee completamente diverse su Roma e su come dovrebbe gestire le sue province. Durante l’entrata a Gerusalemme di Pilato e dei suoi soldati, Ben-Hur viene falsamente accusato di tentato assassinio da parte di Messala, che non risparmia neanche il resto della sua famiglia. Ben-Hur passerà diversi anni di schiavitù sotto il giogo dei romani fino ad essere salvato dallo sceicco Ilderim (Morgan Freeman), che lo aiuterà a pianificherà la sua vendetta. Le storie dei personaggi si svolgono parallelamente a quella di Gesù Cristo (Rodrigo Santoro), presentato negli anni in cui iniziò a predicare.
Nell’epoca dei grandi reboot e remake, Hollywood ha deciso di riportare sullo schermo un grande kolossal che nel 1960 vinse ben 11 Oscar, un record rimasto imbattibile almeno fino all’uscita di Titanic nel 1997. Il capolavoro di William Wylder che aveva Charlton Heston e Stephen Boyd come protagonisti è una pietra miliare nel cinema grazie alle ricostruzioni sceniche dell’epoca, i materiali utilizzati e le grandi scene della battaglia lavale e della corsa delle quadriglie al Circo.
Pur mantenendo più fede all’omonimo romanzo di Lew Wallace, il Beh-Hur diretto da Timur Bekmambetov, quinto adattamento sullo schermo, non trasmette quelle stesse emozioni che la pellicola del ’59 ci aveva dato. A parte presentare un film sintetizzato ai minimi termini, il regista sembra fare, ironicamente, una corsa con se stesso per arrivare all’epica corsa-scontro tra Ben-Hur e Messala. Sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stata un’impresa difficile far rivivere quelle stesse emozioni a distanza di più di cinquant’anni. E avevamo ragione.
Il Ben-Hur del 2016 è un imbarazzante remake del ’59, dove gli attori si muovono come burattini senza regalare allo spettatore quell’empatia e quel dolore che la storia del giudeo Giuda ci aveva regalato. Il regista, pur di arrivare alla fine, taglia dei pezzi, compie una maldestra operazione di modernizzare il racconto col risultato di creare disastri. Buchi di sceneggiatura e una trama che sa di soap opera.
La storia di Cristo, che rappresenta la subplot dell’opera, è mostrata come una favola di salvezza e sbagliata è la scelta dell’attore Rodrigo Santoro che per gli ebrei appare più come un top model che un Messia. Gli effetti speciali si apprezzano, ma volete mettere un po’ di quel crudo realismo che si respirava nel circo di Antiochia? Nota positiva, Morgan Freeman: convincente, ferreo anche se non sfruttato al massimo della performance. Alla fine del fil, Ben-Hur appare una fiaba frettolosa che non lascia niente allo spettatore, se non il desiderio di dimenticare in fretta ciò che ha appena visto.