LO SQUALO E’ UN FILM DIRETTO DA STEVEN SPIELBERG NEL 1975
In questa puntata di Blockbuster Memories ci occuperemo di un film che non poteva assolutamente mancare in una rubrica che si occupa di kolossal, grandi spese di produzione e soprattutto di grandi incassi al botteghino, gli elementi caratteristici del cosiddetto genere blockbuster. Oggi è il turno de Lo Squalo di Steven Spielberg.
Anche se probabilmente non ci sarebbe bisogno ne ricordiamo brevemente la trama: una serie di attacchi ad opera di squali mettono in allarme la zona balneare della tranquilla isola di Amity. Il sindaco, consapevole dell’importanza economica per il piccolo centro di una stagione estiva tranquilla, affida al capo della polizia Martin Brody (Roy Scheider) il compito di risolvere la questione. Quest’ultimo contatta il biologo marino ed esperto di squali Matt Hooper (Richard Dreyfuss) per chiedere aiuto e grazie a lui scopre la causa del problema: un enorme e affamato squalo bianco che ha scelto come territorio di caccia i mari davanti a Amity. Superate le resistenze del sindaco Vaughan, il quale vorrebbe mettere a tacere la storia per non compromettere l’afflusso turistico, i due partono in cerca dello Squalo per ucciderlo definitivamente affiancati dal cacciatore di squali e vecchio lupo di mare Quint (Robert Shaw).
Lo Squalo (Jaws) esce nelle sale il 20 giugno del 1975 e subito diventa il più grande successo di incassi della storia del cinema fino a quel momento, ma come vedremo non è solo questo particolare a consacrarlo come il capostipite dei blockbuster e a far entrare di diritto il giovane regista Steven Spielberg nel giro dei grandi di Hollywood (fino ad allora, dopo i primi cortometraggi, si era occupato esclusivamente di film e serie per la TV tra cui l’ottimo ma sottovalutato Duel).
Ma andiamo con ordine. Dopo aver acquistato i diritti dell’omonimo libro di Peter Benchley i produttori della Universal cominciano a guardarsi in giro per decidere a chi affidare quello che ritengono, con grande lungimiranza, un progetto potenzialmente molto redditizio. Dopo alcune indecisioni l’attenzione si sofferma su Spielberg regista che, nonostante la già quinquennale esperienza nel mondo della regia televisiva, è sconosciuto nell’ambiente cinematografico dato che il progetto viene lui affidato ancor prima che esca nelle sale la sua opera prima, Sugarland Express.
Come budget vengono stanziati 4 milioni di dollari, che lieviteranno a 9 alla fine delle riprese durate più del triplo rispetto ai 50 giorni inizialmente previsti. Su questo punto è stato lo stesso regista, nel corso degli anni, a regalarci alcuni commenti retroscena, ad esempio sul fatto che non solo nessun regista fino ad allora aveva sforato i tempi previsti ma che nessuno aveva mai superato i 100 giorni di riprese oppure su alcune scene “fuori budget” che Spielberg produsse pagando le spese per proprio conto (come la scena in cui Hooper esplorando il relitto trova una testa mozzata). Insomma Spielberg ritenne che dopo un tale fallimento nessuno ad Hollywood gli avrebbe mai più proposto un ingaggio, tanto che non presenziò neanche agli ultimi giorni di riprese (abitudine questa che dopo l’inaspettato successo Spielberg ha mantenuto in maniera scaramantica in tutte le sue successive pellicole).
I problemi che sorgono sono di diversi tipi, in primo luogo il malfunzionamento dei tre modelli di squalo meccanico (ribattezzato Bruce dalla troupe e chiamato “il grande bastardo bianco” dallo stesso Spielberg): i modelli erano tre perché a quello intero se ne affiancavano due che erano cavi da un lato i quali erano utilizzati per le riprese rispettivamente da destra e da sinistra. Nonostante l’innovazione per l’inserimento dei meccanismi direttamente all’interno degli involucri, il principale grattacapo fu dato dal fatto che l’acqua salata corrodeva i meccanismi stessi oltre al fatto che imbarcando acqua il modello quando non affondava diveniva poco maneggevole (infatti verso la fine delle riprese i membri della troupe gli affibbiarono anche un altro soprannome, Flaws cioè Difetti in un gioco di parole con il titolo Jaws).
In secondo luogo un problema sempre collegato al fatto che le riprese si svolgevano per la maggior parte in mare, era che l’acqua creava problematiche anche al resto delle attrezzature in primis alle camere ma anche allo stesso battello utilizzato per l’Orca, la barca di Quint. Tutto ciò finì peraltro per limitare le possibilità registiche il che costrinse Spielberg a ridimensionare il suo estro. Infine il punto scelto come set non si prestava particolarmente alle scene in cui l’Orca si avventurava solitaria nel mare poiché abbastanza affollato dal passaggio di numerose barche che disturbavano le riprese entrando in campo.
Passando ad un’analisi della regia del film non possiamo non menzionare il rapporto agrodolce con i premi Oscar, nonostante alcuni premi tecnici (tra cui menzioniamo sicuramente quello al miglior montaggio per la compianta Verna Fields, scomparsa pochi anni dopo) e la nomination come miglior film. Spielberg, ovviamente ancora ben lontano dalle polemiche sul suo modo di fare cinema e produzione che lo accompagnano da ormai diversi anni, in un’intervista dell’epoca si poneva giustamente nel ruolo del “nuovo” bistrattato dalle logiche dell’Academy con argomenti simili a quelli che tutt’ora vengono utilizzati per mettere in discussione la reale validità della valutazione artistica nell’assegnazione degli Oscar (sebbene si debba sottolineare anche la sfortuna nell’incontrare come altri nominati in quell’edizione diversi mostri sacri della cinematografia).
I sopracitati problemi nelle riprese contribuirono in realtà in maniera decisiva ad alcuni tratti che hanno reso celebre la pellicola, in particolar modo per gli espedienti usati al fine di ovviare all’inconveniente dei malfunzionamenti di Bruce tra cui l’utilizzo della famigerata pinna che affiorava dall’acqua o l’utilizzo dei barili che segnalavano l’arrivo della belva in superficie.
Soprattutto però quello che preme sottolineare è l’inizio di un nuovo genere che si allontana dal cinema squisitamente d’autore per abbracciare un pubblico più vasto senza mai perdere la sua dignità registica. Emblematica in tal senso una delle critiche più aggressive che venne fatta al film cioè sostanzialmente quella di non delineare i personaggi in maniera approfondita lasciandoli come “toppe” al servizio di una storia piuttosto improbabile, rileggendola oggi riusciamo invece a cogliere come proprio questa sia una delle caratteristiche fondamentali che rende questo genere di film fruibile alla massa e di conseguenza improntato a grandi sold out che ripagano i forti costi in genere (ma non sempre) sostenuti.
In conclusione Lo Squalo è un film che inaugura un genere pur ascrivendosi ancora a pieno titolo nel cinema d’autore (caratteristica che escludendo rari casi i blockbuster hanno perso sempre più in particolar modo dopo l’avvento del digitale) con scene memorabili come quella finale, il racconto biografico di Quint o la lezione di nodi marinari che Quint impartisce a Hooper.
Un film che è entrato nell’immaginario collettivo per molteplici strade dalla indimenticabile colonna sonora semplice quanto mai efficace, anch’essa premiata agli Oscar, fino alla celebre locandina con la ragazza che nuota in procinto di diventare preda dell’enorme squalo proveniente dagli abissi, appesa da decenni nelle case di appassionati esperti e non di cinema. E che ogni estate rivediamo puntualmente con grande piacere e quasi come fosse la prima volta sulle televisioni nazionali.