AGNUS DEI RACCONTA UN FATTO REALMENTE AVVENUTO, UNA STORIA SCIOCCANTE DEL PASSATO COME CAMPANELLO D’ALLARME DI UN PROBLEMA ANCORA TROPPO DIFFUSO: LA VIOLENZA SULLE DONNE
GENERE: storico, drammatico
DURATA: 115 minuti
USCITA IN SALA: 17 novembre 2016 (in due sale) e 24 novembre nel resto d’Italia
VOTO: 3,5 su 5
Polonia, 1945. Una giovane dottoressa della Croce Rossa, la francese Mathilde Beaulieu, è in missione in terra polacca. Un giorno una suora arriva nell’ospedale dove Mathilde lavora chiedendole aiuto, ma senza spiegarle le ragioni della sua richiesta. La dottoressa la segue nel suo convento di benedettine, e solo al suo arrivo scopre la sconvolgente verità: le suore sono state ripetutamente violentate dai soldati russi, rimanendo incinte. Mathilde prende a cuore la situazione, e insieme al suo aiuto promette anche silenzio e riserbo: ogni notte si reca al convento, rischiando la propria incolumità e compromettendo il suo lavoro, ma in cambio conquistando la fiducia delle suore e instaurando con una di loro, Suor Maria, uno legame profondo.
La regista Anne Fontaine decide ancora una volta, con Agnus Dei, di portare sul grande schermo una vicenda tutta al femminile, prediligendo però la coralità del gruppo invece dell’individualità di un personaggio. Alla base c’è una vicenda vera, narrata nel diario del medico francese Madeleine Pauliac. La donna si trovò davanti agli occhi, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’atroce realtà di vedere un’intero convento stuprato, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Nel diario racconta come molte delle suore, violate fino a quaranta volte, persero la vita, mentre altre rimasero incinte. Proprio su queste gravidanze si concentra l’occhio della regista (anche co-sceneggiatrice), che entra discretamente in un mondo privato adottando una straordinaria fotografia, basata sul delicato gioco di luce e ombra che accarezza visi e vesti.
In Agnus Dei ci sono donne a confronto, mostrate in tutte le loro differenze e contrasti: da una parte le religiose e dall’altra l’atea; da una parte fisici coperti fino a celarne le forme, dall’altra quello di una donna come tante, in pantaloni, gonna o camicia da notte; da una parte il voto di castità, dall’altra la risposta ai propri istinti e desideri. Donne diverse accomunate da una violazione (o tentata) della propria intimità, del proprio corpo, della propria volontà.
Ma in comune hanno la voglia di rialzarsi, di provare in qualche modo a superare o almeno elaborare il male subito: seppur in modi differenti ad affrontare il passato accettandone il presente in vista di un futuro meno greve e grigio. C’è la paura che si venga a sapere cosa è successo fra le mura del convento, ma anche la determinazione a superarlo, con quella fede a cui si è scelto di rispondere, che da “ventiquattro ore di dubbio e un minuto di speranza”. E allora come andare avanti, accettare un simile destino? Come può una donna accettare una violenza, a maggior ragione se è votata alla castità e rimane poi in attesa di un bambino? Quello su cui il film fa riflettere è come ognuna può reagire ad un simile accadimento, in tanti modi diversi, ma pur sempre rivelando quella che è la natura profondamente affettiva di ognuna, dietro cui si cela un istinto materno che solo raramente viene abbattuto.
Tra le attrici si riconosce Lou De Laage, già vista in Italia in L’attesa di Piero Messina. In questo film si confronta con ottimi risultati in un ruolo adulto, lasciando da parte le parti di giovane ragazza che ce l’hanno fatta conoscere. Accanto a lei, tra le tante degne di nota, spiccano Agata Buzek e Agata Kulesza, rispettivamente nei ruoli di Suor Maria e della madre superiora. La prima incarna una forza straordinaria e la volontà di risolvere il problema lasciandosi aiutare e aprendosi al mondo esterno, mentre la seconda rappresenta una logorante debolezza, quella di chi sbaglia e non riesce a perdonarselo.
In Agnus Dei la guerra rimane sullo sfondo, perché la sua forza sta proprio nella sua attualità: quella di parlare di violenza sulle donne in modo così profondo, struggente e straziante, perché ciò che vediamo accade purtroppo ancora oggi, e riesce dopotutto lasciare un filo di speranza nel cuore di chi guarda.