AL CAGLIARI FILM FESTIVAL, AUTORITRATTO SIRIANO, UN DOCU-FILM SUGLI ORRORI DELLA GUERRA IN SIRIA
Autoritratto Siriano è un racconto che mette insieme gli orrori di una guerra in un Paese stremato, che non riesce più ad andare avanti a causa di un conflitto senza fine. Nella Siria di oggi, alcuni YouTubers filmano ciò che sta avvenendo nel loro Paese, ma mentre alcuni di loro sopravvivono, altri non ce la fanno, e molti altri si riprendono mentre uccidono qualcuno. Tra tutti loro c’è un regista siriano costretto all’esilio a Parigi, Ossama Mohammed, che gira per le strade del Paese portandosi dietro una telecamere in mano e filma quanto succede nella sua nazione. Quando Bedirxan, una giovane regista curda di Homs lo contatta e gli chiede cosa riprenderebbe se avesse con sé una videocamera, tra loro nasce un rapporto d’amicizia. La loro stretta collaborazione porterà alla nascita di questo crudo e realistico documentario.
Con circa mille siriani ripresi dalle telecamere, Autoritratto Siriano è un docu-film che documenta le atrocità della guerra civile, attraverso l’insieme di una serie di testimonianze raccolte sul campo tramite riprese fatte con i cellulari, che sono state poi postate su Internet, incluse tutte le scene filmate da Bedirxan durante l’assedio ad Homs. La regista curda è riuscita a mettersi in contatto con Mohammed solo quando è stata in grado di fuggire dalla sua prigionia nella città: i due si sono incontrati per la prima volta nel momento in cui hanno deciso di girare questo documentario, e poi sono volati alla volta di Cannes, dove hanno presentato il loro progetto.
Autoritratto Siriano è un’opera spietata e commovente, nata in collaborazione con Amnesty International, eppure così veritiera, che segue le vicende di gente comune, partendo dalla nascita di un bambino fino alle torture subite da un prigioniero di guerra. Le violenze quotidiano mostrate dalle telecamere di Bedirxan e Mohammed dipingono un Paese in cui pervade la desolazione e un senso di inquietudine. La scelta di lasciare intatte le scene, prese proprio dal cellulare, rendono il tutto più realistico. L’intento dei due registi è infatti quello di soffermarsi e guardare la Siria con altri occhi, e riflettere sul conflitto in corso attraverso gli occhi innocenti di un bambino che raccoglie un fiore.