L’ITALIANO FUOCOAMMARE, DOPO L’ESCLUSIONE DALLA CATEGORIA DI MIGLIOR FILM STRANIERO, È IN CORSA COME MIGLIOR DOCUMENTARIO AI PROSSIMI PREMI OSCAR
Fuocoammare di Gianfranco Rosi candidato agli Oscar.
Dopo aver vinto Berlino lo scorso anno.
Candidatura più che meritata, per un film documentario speciale, sia dal punto di vista stilistico che di contenuto. Rosi è riuscito in quella magia che in pochi riescono a creare: rendere poetica una realtà dura, opaca, che va a sfrugugliare nelle coscienze di chi, come la maggior parte di noi, guarda l’orribile spettacolo della morte in TV, è quasi si abitua, o cambia canale.
Poesia e realtà, infanzia e morte, tradizione e nuove esigenze, un mondo arcaico che incontra la necessità di aprirsi. C’è tutto questo in Fuocoammare. In quella trasmissione radio, nei rituali del caffè, nella natura selvaggia e indomita, ma accogliente quando serve. C’è lui, il medico eroe. Pietro Bartolo. Eroe moderno senza vanità, con un cuore grande e una vitalità contagiosa, mentre accarezza la Morte ingiusta.
Ci si può abituare si. Anzi, ci si abitua. Ma non si può. Non si deve. Non ci è permesso. E per fortuna qualcuno fa ancora cinema come atto umano e politico, quello che quando esci dalla sala, ti sia piaciuto o no, qualcosa è accaduto.
Allora ecco perché è bello, è giusto, è necessario che Fuocoammare sia candidato agli Oscar. Perché oltre che arte, è racconto della verità. Quella di un olocausto più subdolo, senza svastiche, ma continuo, come le onde del mare che bagnano Lampedusa. Allora viva Rosi, viva il documentario, e gli Oscar, che servono a riportarlo in sala, sarebbe sì una vittoria. Per il 27 gennaio, Giornata della Memoria, se non vi va di vedere o rivedere La vita è bella, Il Pianista, Train de vie, guardate Fuocoammare.
Per non dimenticare. Nemmeno cosa accade oggi.