Il Female Gaze di Jill Soloway, cos’è e perché è importante

JILL SOLOWAY SPIEGA IL FEMALE GAZE E PERCHÉ DOVREBBE ESISTERE UN MODO DI FARE ARTE CHE ABBRACCI QUESTA VISIONE

Jill_SolowayDurante la presentazione della terza stagione di Transparent al Toronto International Film Festival, la creatrice Jill Soloway ha tenuto una Master Class sul Female Gaze.

Ma cos’è questo Female Gaze?
Per spiegarlo bisogna prima parlare di Male Gaze, termine coniato nel 1975 dalla critica cinematografica femminista Laura Mulvey nel saggio Visual Pleasure and Narrative Cinema, a quanto pare mai tradotto in italiano.

Il Male Gaze è il modo in cui nell’arte visuale e nella letteratura vengono descritti il mondo, e le donne, da un punto di vista maschile, presentando le donne come oggetti per il piacere visivo maschile.
Laura Mulvey nomina tre parti coinvolte in questo sguardo: la persona dietro la macchina da presa, il personaggio nel film, e lo spettatore.

Ma cosa possiamo porre sotto il grande cappello del Male Gaze? Per Jill Soloway, nella produzione cinematografica e televisiva quasi tutto. Dai progetti che trasformano le donne in oggetto come la saga di James Bond ai film dei supereroi, dai film horror a film come The Revenant, dove le figure femminili vengono totalmente ignorate.
L’esempio preferito della produttrice televisiva è una ripresa ricorrente nella serie tv nata alla fine degli anni ’70 Love Boat.

La scena parte e si apre con l’inquadratura di un seno perfetto. Un barista aggiunge un abbellimento a due piña colada, il seno parlante mette i drink sul vassoio, porta il vassoio al tavolo dove due persone stanno parlando. Il seno appoggia sul tavolo i cocktail e la vera scena inizia. Classico Male Gaze.

Jill Soloway poi spiega che per parlare di Female Gaze non basta ribaltare la definizione, ovvero, “la rappresentazione di un mondo, e degli uomini, da un punto di vista femminile, presentando gli uomini come oggetti del piacere femminile”.

Il mondo cinematografico – continua la Soloway – ha offerto una versione di Female Gaze al pubblico: Angelina Jolie, in vestiti super aderenti, che cerca di salvare il mondo. Sebbene presenti un’eroina, i film d’azione sono solitamente, se non sempre, scritti, diretti o prodotti da uomini, nati tali e che si sentono tali. Rimangono sempre proiezioni delle loro fantasie.

Un po’ provocatoriamente, Jill Soloway ha quindi invitato gli uomini a fermarsi dal fare cose, così, forse tra cento anni, la produzione di prodotti visivi potrebbe essere composta equamente dalle due prospettive: maschile e femminile.

Come per la teoria del Male Gaze, anche la Soloway divide in tre parti il Female Gaze, non per numero di persone coinvolte, ma di fattori che compongono la prospettiva.

Al primo posto, si parla di “visione dei sentimenti”, una soggettiva del personaggio volta a evocare e condividere le emozioni nel momento in cui lo stesso le stia provando, piuttosto che semplicemente mostrarle.
La priorità in questa tipologia di inquadrature sono le emozioni e non le azioni dei personaggi. Recuperare l’uso del corpo con l’intenzione di comunicare la visione delle sensazioni.

Il secondo fattore è rappresentato dall’uso della camera con lo scopo, molte volte impossibile, di mostrare come allo spettatore come ci si sente a essere guardati come un oggetto di piacere.
Come esempio la Soloway prende il lavoro di Andrea Arnold Fish Tank, quello di Kenny Lonergan Margaret e di Eliza Hittman It felt like love, rimarcando che confezionare un prodotto visuale caratterizzato da Female Gaze può esser fatto da chiunque, uomini e donne.

Il terzo elemento che completa il Female Gaze, è la sfida che lancia il Female Gaze a ricambiare lo sguardo.

Lo sguardo sugli osservatori. Riguarda a come ci si sente a stare lì, nel mondo, ad essere guardate per un’intera vita.
È uno sguardo che dice “noi vi vediamo, vedeteci anche voi”; dice “non voglio più essere un oggetto, mi piacerebbe essere il soggeto, e con questa soggettitvità acquisita posso definirti, tu osservatore, come un oggetto”.

Questa terzo componente non riguarda il linguaggio cinematografico, ma è una richiesta socio-politica di giustizia nel modo di fare arte, ed è soprattutto per questo che, nel 2016, è giunto il momento di parlare di Female Gaze.
È ora di riuscire a far entrare questo punto di vista nella produzione cinematografica e televisiva non solo per quanto riguarda progetti low budget o indipendenti, ma anche nelle grandi case di produzione.

 

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