MARGARETHE VON TROTTA, NOME DI SPICCO DEL NUOVO CINEMA TEDESCO, PORTA SUL GRANDE SCHERMO LE EMOZIONI PROFONDE DELLE DONNE
1942: l’Inghilterra aveva firmato l’alleanza con gli Stati Uniti, il Giappone firmava un patto di non belligeranza con la Russia e la Germania veniva sconfitta a Stalingrado.
Nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, e nell’anno in cui Hitler ordina “la soluzione finale”, a Berlino nasce una bambina che diventerà uno dei nomi più rappresentativi del Nuovo Cinema Tedesco, nasce Margarethe von Trotta.
Una regista con una filmografia caratterizzata da film politicamente impegnati e che ritraggono le donne diversamente dal modello maschilista a cui il cinema era abituato.
Margarethe von Trotta si trasferisce a Parigi negli anni ’60 e lì, per la prima volta, scopre il film d’autore. Abituata a film di puro intrattenimento, apprende che il cinema può essere anche arte e avere un messaggio profondo.
Influenzata dal cinema di Ingmar Bergman, Alfred Hitchcock e della Nouvelle Vogue francese, la von T. si avvicina alla settima arte dapprima come attrice, ben sapendo quanto sarebbe difficile affermarsi come regista nei primi anni ’60.
Si trova a recitare in film di registi importanti come Rainer Werner Fassbinder e anche Volker Schlöndorff, suo marito dal 1971, con il quale co-dirigerà nel 1975 Il caso Katharina Blum.
Nel primo film che porta la firma della von Trotta, appaiono già i temi cari alla regista: lo scontro tra sfera personale e pubblica dei protagonisti e l’attenzione ai personaggi femminili, incatenati agli stereotipi di un mondo gestito da uomini.
Il caso di Katharina Blum porta al cinema il tema scottante della RAF, uno dei gruppi terroristici tedeschi di estrema sinistra e più violento nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1978 Margarethe von Trotta dirige il suo primo film da solista, Il secondo risveglio di Christa Klages e porta alla Germania la storia di una donna che rapina una banca per poter salvare la scuola materna dove lavora. Ispirato a fatti realmente accaduti, il film porta in luce i legami femminili puntando sul sentimento di sorellanza.
Negli anni successivi la von T. studia la discrepanza e il conflitto che spesso ne consegue tra le regole sociali e la felicità individuale. Ne nascono Sorelle ‒ L’equilibrio della felicità, che ritrae il conflitto di due sorelle, l’una ben inserita nel sistema e l’altra incapace di accettarla, e Anni di piombo, film con cui vince il Leone d’Oro a Venzia, dove ritorna il tema della RAF. Ispirandosi alla storia vera di due sorrelle, Margarethe von Trotta costruisce un film asciutto, anche grazie all’uso dei flashback, dove vengono messi sui piatti della bilancia l’adesione al gruppo terrostico di Gudrun Ensslin, morta in carcere in circostanze oscure, e il dissenso, se non la condanna, di Christiane.
Nel 1983 la von T. ritorna a parlare di amicizia femminile. Con Lucida Follia, film che la porta al successo internazionale, racconta la storia di due donne caratterialmente opposte, una forte e l’altra più debole, che intrecciano un forte legame di amicizia tale da allontanarle dai rispettivi mariti. Vedendosi allontanati e rifiutati, le due figure maschili entrano così in crisi.
Nella seconda metà degli anni ’80, Margarethe von Trotta porta nelle sale cinematografiche la storia della rivoluzionaria Rosa Luxemburg in Rosa L., la voglia di indipendenza e autodeterminazione femminile liberamente ispirata alle Tre sorelle di Čechov in Paura e amore.
Nel 1990 con L’Africana, la regista mette in scena un triangolo amoroso confermando la sua profonda conoscenza dell’animo femminile. Tre anni dopo, ne Il lungo silenzio, una produzione italo-franco-tedesca, la von T. racconta l’impegno civile della vedova di un magistrato rimasto ucciso in un attentato organizzato dalla mafia.
Margarethe von Trotta, nel 1994, torna a parlare d’amore. Ne La promessa, il grande protagonista è l’amore giovanile ambientato a Berlino e ostacolato dal grande muro che squarcia in due la Germania.
Dopo una pausa durata nove anni, la von Trotta torna a parlare della Germania in Rosenstrasse, dove la dualità è rappresentata dalle mogli ariane ed ebree tedesche.
E nel 2012 la von T., torna a parlare della Seconda Guerra Mondiale e della sua Germania con Hanna Arendt, la storia della filosofa e teorica politica ebraico-tedesca che nel 1961 ha seguito come inviata del New Yorker quello che è stato definito il “processo del secolo”, il processo a Eichmann, il funzionario nazista tedesco.