NEBBIA IN AGOSTO, UN FILM NECESSARIO, UNA STORIA CHE DEVE ESSERE ANCORA RACCONTATA
Dal 19 gennaio in sala, distribuito da Good Films, il film sulla storia vera del tredicenne tedesco Ernst Lossa. Un film da vedere, noi adulti, i nostri figli e quanti più ragazzi possibile: Nebbia in Agosto. Il titolo evoca qualcosa di freddo e oscuro, anche in piena estate. Qualcosa da nascondere, sperando che si perda nell’oblio. Invece, come giusto e necessario, questo film racconta e porta alla luce uno dei crimini nazisti più assurdi e violenti della storia, spesso solo “citato” e quasi evitato per la sua efferatezza.
Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Domes (2008), il lungometraggio è stato sviluppato e prodotto da Ulrich Limmer, che una volta letto il libro, non riesce a “togliersi dalla testa” la storia del piccolo Ernst Lossa. Ernst era un ragazzino orfano di madre e di origine Jenish, il cui padre fu recluso nel campo di concentramento di Dachau. Considerato “difficile e indomabile” fu mandato prima in orfanotrofio, poi in un carcere minorile ed infine nell’ospedale psichiatrico di Kaufbeuren, dove trovò una fine atroce.
Questo orrore viene raccontato dal film di Kai Wessel attraverso gli occhi vispi e puri di Ernst Lossa appunto, ragazzo assolutamente sano ma con una vita difficile e un’origine, quella Jenish, invisa ai nazisti. Ernst è forte, tenero, amabile. Molto simile ai nostri ragazzi, curiosi e a volte iperattivi. Si dà da fare e aiuta tutti, costretto persino a pulire il tavolo delle autopsie. La sua purezza e onestà è quello che il dottor Veithhausen – un intenso e mai scontato Sebastian Koch – non riesce a fronteggiare, preso dalla radicalizzazione del suo ruolo di medico “al servizio del Reich”.
Un film necessario, eccome. Se sono molti infatti quelli dedicati al dramma dell’olocausto, Nebbia ad agosto svela un aspetto poco indagato dal cinema, quello dell’ “eutanasia” (ingiustamente definita tale, in quanto vero e proprio omicidio) nazista prevista dal programma T4: liste di pazienti inviati ai sei “ospedali della morte” e uccisi nelle camere a gas. Seppur nel ’41 Hitler pose fine formale alla T4, gli omicidi continuarono. Fino a 200mila vittime psichiatriche in Germania e almeno altri 100mila in altre aree europee.
Nebbia in agosto disegna sapientemente i volti di questi assassini travestiti da medici e infermiere, rendendo il racconto ancora più doloroso. Una pellicola classica, ma mai didascalica (se non sul finale, ma forse per alleggerire e lasciare trasparire un po’ di luce ed aria), che andrebbe vista, vissuta, da molti giovani. Perché la memoria e la consapevolezza sono gli strumenti che abbiamo per “educarci” e non far finta di nulla. Perché il cinema è arte, intrattenimento, ma soprattutto vita e atto politico.
Io ci porterò il mio primogenito di 12 anni. Voi #mamme?