Vista mare: recensione

VISTA MARE, UN FILM SULL’ITALIA E LA CRISI ECONOMICA CHE LASCIA ACCESA LA SPERANZA

locandina-vista-mareGENERE: drammatico

DURATA: 85 minuti

USCITA IN SALA : 3 febbraio 2017

VOTO: 3,5 su 5

Vista mare di Andrea Castoldi è un film ambientato nel futuro (l’Italia del 2020). Lo Stato italiano è ormai alla deriva. Le rivolte popolari e le manifestazioni si susseguono a causa di una crisi economica sempre più soffocante. La regione Puglia è diventata una frontiera militarizzata, una linea di confine da non oltrepassare. Scontati tre anni di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, Stilitano (Arturo Di Tullio) è deciso ad abbandonare il Paese per raggiungere la tanto sognata Albania, terra prospera di lavoro e di speranza. Si unisce a un gruppo di italiani che come lui è in attesa di poter salire su un gommone di fortuna.

Vista mare, un nome che può voler dire tutto o niente. In questo caso, però, ha un significato ben preciso e riflette al meglio il messaggio di fondo: l’Italia può farcela. Andrea Castoldi ha dato vita a un film dove sono gli italiani che – a causa di problemi economici derivanti dalla mancanza di lavoro (tema molto attuale) – sentono il bisogno di immigrare all’estero e, più precisamente, in Albania.

Il regista, così facendo, ripropone la condizione a cui sono soggetti gli immigrati di oggi che dall’estero arrivano a Lampedusa con i gommoni per fuggire dalla realtà precaria in cui vivono. Siamo nel 2020, tre anni dopo l’arresto di Stilitano. Uscito di prigione e dopo aver rubato dei soldi, tradendo così la fiducia del suo compagno di cella, egli non riconosce più il mondo che lo circonda: non ha più niente, se non se stesso (e forse è anche in cerca della sua identità). Resosi conto che l’unica via d’uscita da una realtà che gli sta troppo stretta è scappare, intraprende un viaggio che lo porterà a conoscere nuove persone, a innamorarsi di nuovo e a capire che un barlume di speranza c’è sempre.

Non sarà così semplice il cammino perchè, arrivato al punto di ritrovo insieme ad altri italiani provenenti da tutto il Paese, dovrà affrontare le conseguenze della sua decisione e cercare di sopravvivere: il cibo scarseggia e a poco a poco nasceranno dei contrasti. Il regista regala al cinema uno spaccato di vita reale fatto di sogni, speranze, conflitti, ma anche dolore, istinto di sopravvivenza e morte. Perché, come abbiamo visto negli ultimi anni, non tutti riescono a salvarsi (chiaramente il rimando è agli immigrati che ogni anno perdono la vita nelle nostre acque).

Vista mare gode di una sceneggiatura solida, tanto che i personaggi coinvolti non hanno bisogno di molte parole per farsi capire. I dialoghi infatti sono concisi, chiari, diretti e soprattutto brevi, ma dotati di una profondità che difficilmente troviamo nelle più recenti pellicole cinematografiche. Gli attori stessi riescono a farsi capire dal pubblico con il solo sguardo: Arturo Di Tullio è molto intenso nell’esprimere tutto il suo disagio e il dolore, dovuto in particolare agli accadimenti del suo passato che non gli permettono di andare avanti.

Nonostante il ritmo sia poco incalzante, il film si lascia seguire benissimo senza risultare mai pesante, ma anzi riuscendo a interessare il pubblico dall’inizio alla fine grazie alla forza degli argomenti trattati. Sono tematiche che ci riguardano da vicino e ci inducono a fare un’attenta riflessione: se succedesse davvero? Se fossimo noi a dover immigrare un giorno? Pensandoci bene, in fondo, era già successo in passato, quando le famiglie del sud si spostarono al nord, nel famoso triangolo industriale, per trovare un lavoro.

Ma se fosse l’intera Italia a rischio? Questi dubbi permettono allo spettatore di porsi nei panni degli immigrati di oggi, di avvicinarsi maggiormente alla loro condizione e di comprendere le loro motivazioni. Sul finale, durante l’attesa per andare in Albania, qualcosa va storto, ma non andrà tutto perduto: come in tutte le storie, c’è chi ce la fa e chi no, ma se anche uno solo riesce a realizzare il proprio sogno, allora si accende la speranza: l’Italia può farcela.

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