I FILM DI RUPERT SANDERS E CLAUDIA AMENDOLA I PIÙ CURIOSI, CON UNA NOTEVOLE DOSE DI RISCHIO
Rischiosi, coraggiosi, anche se forse non del tutto riusciti: queste le indubbie qualità dei due progetti che destano maggior curiosità, in uscita questa settimana. Il primo è Ghost in the Shell, semplicemente uno dei titoli più attesi di questo 2017. Tratto dall’omonimo manga di Masamune Shirow (pubblicato in Giappone a partire dal 1989), il film ha l’arduo compito di convincere una schiera nutrita di fan e appassionati profondamente legata ai personaggi e alle ambientazioni originali della storia. Rupert Sanders – regista di Biancaneve e il Cacciatore – si fa carico di traslare per la prima volta in live action (dopo gli apprezzati film d’animazione diretti da Mamoru Oshii) l’universo cyber-punk immaginato da Shirow, facendolo convergere nel personaggio del Maggiore Mira, interpretato (non senza polemiche) da Scarlett Johansson. Il permesso – 48 ore fuori è invece la pellicola di Claudio Amendola, alla seconda volta dietro la macchina di presa, che desta interesse per una serie di fattori, dalla sceneggiatura di Giancarlo De Cataldo (Suburra) alla prova di un Luca Argentero mai visto, che regala un’interpretazione sporca, potente e sulla carta decisamente emozionante. Intanto è in sala (anche se ancora per poco: la distribuzione è terminata ufficialmente ieri, ma in qualche sala è rimasto in programmazione) il film d’animazione La tartaruga rossa di Michael Dudok De Wit. Osannato dalla critica, la pellicola è stata presentata a Cannes e alla Festa del Cinema di Roma, prima di essere candidata al premio Oscar di categoria (sconfitta da Zootropolis). Infine, ultima “tappa” (in tutti i sensi) in Inghilterra per Il viaggio film britannico, diretto da Nick Hamm con Timothy Spall e Colm Meaney, Catherine McCormack, Freddie Highmore, Toby Stephens e, soprattutto, John Hurt, scomparso tragicamente a Gennaio, in una delle sue ultime apparizioni sul grande schermo.
In un futuro non troppo lontano, caratterizzato da metropoli tecnologiche e luminose ma dall’animo oscuro, esseri umani e robot vivono fianco a fianco, con i primi che spesso si appropriano di parti dei secondi per potenziarsi e migliorarsi. In una di queste metropoli vive il Maggiore Mira, primo esemplare avente un corpo completamente robotico ma con un cervello umano. La donna, dotata di capacità fisiche fuori dal comune, è il capo squadra della Sezione 9, reparto speciale della polizia il cui compito è bloccare il terrorismo cibernetico. In una delle sue missioni, il gruppo incappa in Kuze, hacker astuto e spietato che sembra disposto a tutto pur di addentrarsi all’interno dei progetti top secret della Hanka Robotics, l’azienda che fornisce i suoi servigi per missioni governative. Ed è lavorando su questo caso che Mira inizia a sospettare della realtà, o meglio, di ciò che credeva fosse la realtà, intuendo che le cose non sono come sembrano e che, forse, anche la sua storia è diversa da come le era stata raccontata. Sanders fonde il lato filosofico della vicenda, nucleo del lavoro di Shirow, in quello più propriamente d’azione: non mancano inseguimenti, sparatorie e lotte corpo a corpo, maggiormente apprezzabili grazie al 3D. La poetica del film però è lì, sotto la corazza da action movie, così come l’anima del Maggiore Mira è racchiusa dentro il guscio cibernetico costruito per lei
IL PERMESSO – 48 ORE FUORI
A Luigi, Donato, Angelo e Rossana sono state concesse 48 ore di permesso fuori dal carcere di Civitavecchia. Per motivi differenti si trovano in galera, dove devono scontare il loro debito con la giustizia. Ma adesso sono fuori, e devono decidere in che modo spendere il poco tempo che gli è stato concesso. Vendetta, redenzione, riscatto, amore. Una volta usciti ognuno di loro dovrà fare i conti con il mondo che è cambiato mentre erano dentro.
Un naufrago su un’isola deserta prova più volte a salpare con la sua zattera, ma una strana forza lo spinge sempre a tornare a terra. Ci chiediamo spesso: cosa porteremmo con noi su un’isola deserta? Eppure quasi mai ci fermiamo a pensare a come potrebbe essere la nostra vita se fossimo dei naufraghi senza niente con noi. Il protagonista del film La tartaruga rossa non ha nulla di materiale con sé della nostra civiltà, eppure nel paradiso terrestre in cui è costretto a vivere, dove tutto gli manca, arriva ad avere l’unica cosa di cui veramente non possiamo fare a meno: la compagnia di un nostro simile. Ne La tartaruga rossa non si parla (in tutto il film vengono emessi circa una decina di suoni) perché non ce n’è bisogno: bastano le immagini, la gestualità dei personaggi, la luce delle scene e la musica di Laurent Perez Del Mar, degna sostituta delle parole. Un mix di elementi che creano poesia, in un lungometraggio che diventa metafora dell’esistenza umana e del puro rapporto uomo-natura.
IL VIAGGIO
Dopo 40 anni di Troubles i due leader politici dell’Irlanda del Nord, il predicatore protestante Ian Paisley e il repubblicano Martin McGuinness, si incontrano a St. Andrews, in Scozia, per discutere uno storico accordo di pace. Quando le trattative si trovano in una situazione di stallo, i due nemici giurati sono costretti, dalle circostanze e dal destino, a intraprendere un viaggio in macchina insieme, che sarà ricco di imprevisti. Un percorso nella conciliante natura scozzese che, dopo una serie di battute pungenti, apre spiragli nella barriera tra i due e diventa occasione di scoperta reciproca. Costretti a passare molte ore insieme, i due leader realizzeranno di non essere poi così diversi e instaureranno una bizzarra relazione di amicizia, ricordata ancora oggi come “Chuckle Brothers”, che porterà a un futuro di pace nell’Irlanda del Nord.