Life – Non oltrepassare il limite: recensione

LIFE – NON OLTREPASSARE IL LIMITE, UN HORROR-THRILLER CHE ADEMPIE AL SUO LAVORO SENZA INVENTARSI NULLA DI NUOVO

locandina LifeGENERE: horror, thriller

DURATA: 103 minuti

USCITA IN SALA: 23 marzo 2017

VOTO: 3 su 5

L’equipaggio di una stazione spaziale internazionale sta per tornare sulla terra con un ospite a bordo: una forma di vita extraterrestre trovata su Marte. Quello che era un innocuo essere, però, si rivela molto intelligente e addirittura pericolosa: tutti sono in pericolo, non solo gli astronauti, ma anche la Terra e l’umanità intera. L’unica soluzione è, allora, che l’aliena non arrivi mai sul nostro pianeta.

Protagonista indiscusso di Life – Non oltrepassare il limite, nonostante il cast composto da Jake Gyllenhaal, Ryan Reynolds, Rebecca FergusonSho Murakami, Ariyon Bakare e Olga Dihovichnaya, è sicuramente la creatura. Prima inanimata, vengono ricreate le condizioni migliori per permetterne “il risveglio”. All’inizio è un essere affabile e curioso, che non manifesta un’indole malvagia né violenta. I problemi si hanno con una sua successiva rianimazione, che sembra cambiarne l’animo e il carattere, facendo conoscere all’equipaggio, ormai in trappola, la sua forza, la sua intelligenza e la sua furbizia.

Partiamo subito da un presupposto: il film diretto da Daniel Espinosa è soprattutto un horror e un thriller, quindi se si decide di andare al cinema per vedere uno sci-fi, è bene sapere che non è quella la sua anima.

Life è un’interessante riflessione su quello che potrebbe essere un nostro futuro relativamente vicino (su cui si è dialogato anche nel panel introduttivo che si è tenuto presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana, che ha vantato il collegamento da Houston dell’astronauta Paolo Nespoli). Se, come è vero, si sta lavorando per risolvere i problemi che ad oggi impediscono all’uomo di raggiungere il pianeta rosso, e non è impossibile che ciò avvenga nei prossimi decenni, è bene iniziare a riflettere su quale sarà il nostro destino se mai dovessimo entrare in contatto con alcune forme di vita. Il film, scegliendo un ambientazione non futuristica ma presente, sembra volerci catapultare in questa ottica, proponendo un’ipotesi estrema, che diventa spettacolare.

Tecnicamente Life è ben fatto, il lato visivo è accattivante e con continui richiami stilistici al Gravity di Cuaron: la parte iniziale sembra ripresa quasi in modo didascalico, come a tratti anche il breve finale sulla Terra e la totale ambientazione nello spazio “fluttuante”. Dopo un inizio lento, si va nel vivo dell’azione e si entra in contatto con la piccola forma di vita recuperata su Marte, unica nel suo genere: un essere “tutto muscoli, tutto cervello, tutto occhi”.

A questo punto ci si trova di fronte all‘Alien di Ridley Scott. La storia sembra già vista, e a riguardo c’è poco da dire. Ma è sicuramente bene ribadire che Life, nonostante non aggiunga nulla di nuovo all’universo del genere, riesce comunque a tenere sulle spine, a far saltare sulla sedia lo spettatore e a fargli coprire gli occhi in alcune occasioni, con pochi ma buoni episodi splatter. Quindi le intenzioni sono perfettamente riuscite, ed Espinoza si ritrova a dirigere un film ad alto budget ma b-movie nell’anima, un horror estremamente efficace anche se solo travestito da sci-fi.

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