KELLY REICHARDT, LA REGISTA PREMIATA AI FESTIVAL INDIPENDENTI CHE RACCONTA STORIE DI VITA NORMALE
Kelly Reichardt, nata nel 1964 a Miami, Florida, è una regista americana che fa parte dell’ambiente indipendente ed è ambasciatrice di uno stile minimalista.
La Reichardt debutta alla regia ben ventitré anni fa, nel 1994, con il film River Grass. Il film, ambientato nella sua regione di origine, racconta la storia di una coppia coinvolta in una sparatoria accidentale e il loro tentativo di fuggire dalla Florida meridionale, subito bloccato dalla mancanza di denaro.
Il progetto viene selezionato dalla Berlinale, dal Sundance Film Festival e riceve la nomination per il Sundance Grand Jury Prize, nel 1996 riceve ben tre nomine agli Indipendent Spirit Awards.
Ma nonostante il suo primo passo nel mondo della regia venga caratterizzato da nomination da partecipazioni a festival prestigiosi, i problemi legati all’essere una regista donna non tardano a smorzare e a bloccare la carriera della Reichardt.
“Ci sono stati dieci anni, dalla metà degli anni ’90, dove non riuscivo a produrre un film. Aveva a che fare soprattutto con il fatto di essere donna, sicuramente un fattore determinante nel raccogliere fondi per la produzione. Durante quegli anni, era impossibile mettere in cantiere qualsiasi cosa, quindi ho detto “Fanculo!” e ho girato otto fantastici cortometraggi.” Ha dichiaro la stessa Reichardt durante l’intervista rilasciata a The Guardian, per la promozione del lavoro western del 2010 Meek’s Custoff.
Così, la Reichardt ha dovuto aspettare il 2006 con Old Joy per tornare sulla scena con un lungometraggio. Il film, basato sul racconto breve di Jonathan Raymond sceneggiatore dei futuri lavori della Reichardt e della serie televisiva Mildred Pierce (HBO), ha vinto il premio al Los Angeles Film Critics Association, al Rotterdam International Film Festival e al Sarasota Film Festival.
Con quest’opera, Kelly Reichardt prende le distanze dal mondo paludoso e umido della Florida per ambientare le sue prossime storie in contesti montani, in questo caso nell’Oregon.
Dal 2008 inizia il sodalizio creativo con l’attrice Michelle Williams, protagonista di Wendy and Lucy, Meek’s Custoff (nominato al Leone d’Oro alla 67esima Mostra del Cinema di Venezia) e l’ultimo lavoro Certain Women.
Nei tre film citati, i protagonisti sono per la maggior parte di sesso femminile. In Wendy and Lucy, Michelle Williams porta sulle sue spalle l’intero film, 80 minuti, caratterizzato da lunghi silenzi e nessuna colonna sonora, se non il motivetto canticchiato dalla stessa attrice.
Come per il primo lavoro della Reichardt la storia parla dall’impossibilità di lasciare un luogo per mancanza di risorse.
Wendy ha lasciato la propria famiglia e in macchina cerca di raggiungere l’Alaska, luogo in cui non manca di certo lavoro, Wendy and Lucy porta alla memoria il viaggio on the road di Kerouac e la ricerca della libertà in ambienti meno contaminati di Into the Wild.
Come sarà per Certain Women, la storia di Lucy non ha nessuna spiegazione. La Reichardt non dà nessun indizio sul perché la protagonista si sia messa in viaggio, o cosa ne sarà di lei dopo i titoli di coda, ma una cosa è certa, la situazione della protagonista non può che migliorare.
Lo stile della Reichardt è caratterizzato dalla capacità di prendere in esame un periodo della vita dei protagonisti, raccontarlo giorno, per giorno, senza fretta, come ha dichiarato la stessa regista “Non sono interessata a riassumere, tutto è messo in scena.”
Quest’aspetto è ben sottolineato nell’ultima opera Certain Women, dove il passare del tempo è scandito facendo ripetere a una delle protagoniste le azioni quotidiane del lavoro in un ranch.
Altra caratteristica dei lavori della Reichardt è la mancanza di scene forti. In qualsiasi situazione versino le protagoniste ne usciranno illese, rimarcando così la normalità della vita. Non ci sono grandi tragedie, sebbene ce ne siano tutti gli elementi, la drammaticità della Reichardt non si esprime attraverso scene tragiche, ma l’incapacità delle protagoniste di uscire dalla situazione in cui sono invischiate.
Tema ricorrente nei lavori di Kelly Richardt è la solitudine, sebbene Certain Women sia un film con più protagoniste, non è un film corale. Ogni protagonista ha la propria storia che si svolge in autonomia, il principale fil rouge è costituito dai vari aspetti della solitudine.
È presente l’essere soli in famiglia, ovvero non sentirsi in sintonia o capiti dal proprio marito o figlia. Sentirsi fuori luogo e quindi cercare la felicità in altro, in piccole cose, come può essere trovare dei mattoni tradizionali con cui costruire la propria casa, nel caso di Gina (Michelle Williams). Oppure, la solitudine vera e propria, che porta all’alienazione e all’attaccamento alla prima persona che si mostra interessata a conoscerci, come Jamie (Lily Gladstone).
Le storie che scorrono placide si rispecchiano nelle tinte della fotografia, caratterizzate dal giallo e marrone, che mancano di saturazione rimandano alla totale assenza di colpi di scena. Sullo sfondo, le Montagne Rocciose innevate dell’Oregon o del Montana richiamano il freddo della solitudine.
I lavori della Reichardt non sono uno scoppiettare di dialoghi, ma il minimalismo con cui sono costruiti fanno provare allo spettatore gli stessi sentimenti dei protagonisti.