Viva: Missing in Italy

VIVA, RAPPRESENTANTE DELL’IRLANDA AGLI OSCAR 2016, RIESCE CON POCHI E SEMPLICI ELEMENTI A DIVENTARE UN CAPOLAVORO DRAMMATICO

VivaGENERE: drammatico

DURATA: 100 minuti

VOTO: 5 su 5

La ragione dietro alla nascita di capolavori è quasi sempre oscura, e Viva non fa eccezione. Non è chiaro, infatti, come mai Paddy Breathnach, regista irlandese, sia volato fino a Cuba per mettere a video la sceneggiatura di un suo connazionale, Mark O’Halloran. Sicuramente se poi il risultato è quello di rientrare nella shortlist dei nove candidati come Miglior Film Straniero agli Oscar, un motivo c’era.

Viva è un film del 2015 e racconta la storia di Jesus (Héctor Medina) e Angel (Jorge Perugorría Rodríguez), un figlio e un padre. Detto così sembra la trama più banale, una storia trita e ritrita. Se aggiungiamo che Jesus è omosessuale e il suo sogno è quello di esibirsi come drag queen e il padre è un ubriacone, ex pugile, appena uscito di galera, il quadro sembra sempre più tingersi di toni già visti.

vivaMa come si sente il suo protagonista, questo progetto è diverso. Si può dividere il film in tre parti: la sopravvivenza tranquilla di Jesus senza familiari, tra una messa in piega a un’anziana signora e alla parrucca di una drag queen; il ritorno a casa del padre e il loro rapporto difficile; la rinascita di Jesus e del suo rapporto con il padre.
Viva srotola la storia di Jesus, il suo cercare di sopravvivere con ciò che la vita gli offre, la felicità che prova quando interpreta le canzoni di vecchie cantanti spagnole, il pathos con cui si esprime, il dolore che il padre gli provoca e le scelte meno nobili che è costretto a fare per portare in tavola del cibo.

Pochi costumi e ripetuti, poche location e dieci attori in tutto. Sono pochi gli ingredienti che Paddy Breathnach ha a disposizione, ma li usa con sapienza e maestria creando un capolavoro drammatico celato sotto cerone e pailletes che potrebbe dare l’idea ai più superficiali di un film di eccessi.
Con leggerezza, Viva prende per mano lo spettatore e lo conduce tra le strade de L’Havana, i dietro le quinte dei cabaret e tra i parchi dove grazie a generosi uomini solitari i giovani possono fare qualche soldo. In un crescendo emotivo, l’esibizione conclusiva di Jesus è una ventata di libertà e dolore, l’esorcizzazione di un passato e un momento catartico per il giovane ragazzo che può considerarsi un uomo, molto più duro e forte di qualsiasi pugile o ex pugile.

Viva

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"Okay...we have to dance it out"