SVELATO IL PROGRAMMA UFFICIALE DI ASIATICA – INCONTRI CON IL CINEMA ASIATICO: ECCO GIURIA E FILM IN CONCORSO
Reza Dormishian sarà il regista iraniano ad aprire questa nuova diciottesima edizione di Asiatica. Reza è stato già ospite del festival nel 2014 con il film “I’m not angry” che vinse la menzione speciale.
Il suo terzo film “Lantouri” è stato presentato al Festival di Berlino 2016. “White Chair”, in anteprima italiana, è un film in lingua inglese girato in Nuova Zelanda, con una tematica particolarmente vicina all’Italia: le conseguenze del terremoto.
Reza Dormishian, regista così legato nei suoi film alle radici della società iraniana, alla Tehran della generazione post-rivoluzionaria, con i suoi protagonisti criminali, culturalmente controversi, con “White Chair” cambia registro, in un linguaggio totalmente innovativo, che lo conferma come uno dei registi più promettenti della nuova generazione del cinema iraniano.
Dall’Iran anche “The Home“, film debutto di Asghar Yousefinejad, vincitore al Fajr International Film Festival 2017 come miglior film, miglior sceneggiatura e vincitore del premio NETPAC. Girato interamente in una casa, la cinepresa segue la protagonista in tutte le sue frustranti interazioni drammatiche, quanto alle volte comiche.
Tra i registi della generazione bruciata, emerge anche Paolo Villaluna con “Pauwi Na”, un film ispirato a una storia vera riguardante una famiglia filippina che lascia Quezon per tornare a Bicol, nella regione di provenienza, a bordo di un semplice pedicab, unico mezzo economicamente sostenibile per loro. Il regista costruisce il ritratto tragi-comico di una famiglia fuori dagli schemi che insegue un sogno, andando incontro a una serie di difficoltà che mettono a dura prova i protagonisti. Un film capace di emozionare e divertire lo spettatore, nonostante le tragedie cui vanno incontro i personaggi.
“Pauwi Na” conquista il premio per miglior film al Shanghai International Film Festival 2017. Villaluna aveva già attirato l’attenzione nel 2001 con il suo primo corto “Margin” che vinse al Gaward Urian Award, mentre nel 2010, insieme a Ellen Ramos, vince alla prima edizione del Soho International Festival con “Endless Farwell”.
Nel 2007 partecipava ad Asiatica con “Three days to forever” e oggi si colloca tra i migliori registi, sceneggiatori e produttori del cinema indonesiano: quest’anno Riri Riza torna ad Asiatica con “Emma”, il suo nuovo lungometraggio.
Basato sul libro “Athirah” di Alberthiene Endah, il film racconta di una società maschilista, quella indonesiana, dove la poligamia persiste ancora. Un uomo musulmano abbandona la propria famiglia per sposare un’altra donna, nonostante la moglie sia incinta. L’impatto sulla famiglia è devastante, ma non rinuncia ad andare avanti.
Riri Riza affronta un tema comunemente discusso dalle nuove generazioni indonesiane, quella della poligamia, ed è proprio attraverso il personaggio del figlio maggiore che il regista ci mostra il disprezzo per questa istituzione. La presenza di pochi dialoghi lascia spazio a un’elevata espressività degli attori, capaci di travolgere lo spettatore in una condizione psicologica complessa, dove la forza morale diventa necessaria per attraversare indenni un periodo di forte turbolenza sociale e politica. Riza pone grande attenzione sull’ambientazione e sulla tradizione culinaria e musicale dell’Indonesia, a cui il regista è legato. Il bianco è un colore dominante all’interno delle immagini, che conferisce al film un messaggio di speranza.
Kirsten Tan, da Singapore, porta ad Asiatica un lungometraggio incantevole e commovente: “Pop-Aye”. Il titolo fa riferimento esattamente a Popeye, ovvero Braccio Di Ferro, il cui refrein musicale dei titoli di testa fischiettato è il mezzo che lega l’odissea di un architetto di mezza età, perdente in amore e sul lavoro (trattato a pesci in faccia da un’emittente televisiva di Bangkok), e un elefante sulla strada che porta verso la periferia della nazione. Nasce uno strambissimo on the road durante il quale l’uomo e il pachiderma si aiuteranno a vincenda (addirittura si salveranno la vita), avranno la polizia alle calcagna, gli occhi indiscreti dei sobborghi ben puntati addosso e come alleati dei veri dropout: un barbone anarchico ad una stazione di servizio abbandonata e un transessuale che canta neomelodico.
Vincitore del “Premio speciale della giuria” al Sundance Film Festival 2017, Jun Geng arriva ad Asiatica con “Free and easy”: quando un venditore di sapone arriva in una desolata città, nelle zone più remote della Cina, uno strano crimine scuote la vita tranquilla degli abitanti. Un’indagine grottesca porterà a strani esiti tragicomici, con uomini e donne intenti ad accusarsi l’un l’altro in un’escalation di equivoci e situazioni surreali. Un film avvincente e ricco di pathos, sullo sfondo di un paesaggio gelido e desolato che diventa simbolo del vuoto in cui i personaggi si muovono.
“Happiness” di Sabu, è il lungometraggio cyber-punk giapponese selezionato per il nostro festival. Il film segue la storia di un uomo che si aggira per la città regalando ricordi felici attraverso un casco speciale da lui costruito, che permette di accedere ai ricordi più reconditi della mente umana. A seguito del successo riscontrato, scopriamo che il casco da lui creato è stato progettato per una ragione precisa, che lascia lo spettatore a bocca aperta.
Un film originale e travolgente, il regista riesce a catapultare lo spettatore nei ricordi dei personaggi attraverso inquadrature soggettive emotivamente coinvolgenti. Sabu inizia la sua carriera cinematografica come attore, recitando in un film di Kyoshi Kurosawa (“Pulse”) e di Takashi Miike (“Ichi the killer”), ma solo alla fine degli anni novanta inizia la sua carriera registica che lo porta in poco tempo ad affermarsi con successo, raccogliendo premi in tutto il mondo: tra gli ultimi ricordiamo “Ten no Chasuke”(2015) e “Miss Zombie”(2013) , entrambi premiati al Fantasporto, il primo come miglior sceneggiatura e il secondo come miglior film.
Hady Zaccak è un regista libanese pluripremiato. Nel suo nuovo documentraio: “Ya Omri”, il regista ripercorre la vita di sua nonna Henriette, alla soglia del traguardo dei 104 anni. Hady testimonia la trasformazione della memoria, l’emigrazione dal Libano al Brasile, le storie d’amore, di bambini e di un tempo che rimane sospeso. 104 Wrinkles è un viaggio sul passar degli anni, sui ricordi e sulla vita.
Nima Sarvestani, regista iraniano, si trasferisce in Svezia nel 1984 dove tre anni dopo fonda la NimaFilm Production. “Prison Sisters” è il suo ultimo documentario: racconta il viaggio di due giovani donne, uscite di prigione in Afghanistan. Lo zio di Sara ha intenzione di ucciderla per rivendicare il suo onore all’interno del suo piccolo villaggio. Temendo per la sua vita, Sara scappa in Svezia, ma Najibeh rimane. Mentre Sara fa i conti con la libertà appena trovata, Najibeh scompare e presto la sua amica verrà a sapere della sua lapidazione. Sara, accompagnata dal regista, in cerca della verità per le strade dell’Afghanistan, si imbatte in un labirinto di terribili mezze-verità, ognuna a testimonianza del tragico destino a cui sono sottoposte le donne afghane.
LA GIURIA
Mimmo Calopresti, regista, sceneggiatore e attore.
Elda Ferri, produttrice.
Shahana Goswami, attrice e produttrice.
PROGRAMMA
DOMENICA 17
20:30 The Home by Asghar Yousefinejad
LUNEDÌ 18
17:00 Love and Shukla by Siddhartha Jatla
19:00 Pauwi Na by Paolo Villaluna
21:30 Free and Easy by Geng jun
MARTEDÌ 19
17:00 Prison Sisters by Nima Sarvestani
19:00 Ya Omri by Hady Zaccak
21:00 Happiness by Sabu
MERCOLEDÌ 20
17:00 Burma Storybook by Petr Lom
18:30 Emma by Riri Riza
20:00 White Chair by Reza Dormishian
22:00 Pop Aye by Kirsten Tan