GLI OSCAR PRENDONO LA FORMA DELL’ACQUA: THE SHAPE OF WATER MIGLIOR FILM E MIGLIOR REGIA. SCAPPA MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Storia del cinema e diritti sociali (degli immigrati, delle donne, degli afro-americani, diritti umani, per dirla con una sola parola), hanno fatto da sottofondo ad una lunga notte degli Oscar che ha visto Guillermo Del Toro entrare meritatamente negli annali. Il presentatore Jimmy Kimmel aveva dato il via a questa 90esima edizione, anniversario a cifra tonda, con una strizzata d’occhio alla semplicità dei tempi andati, quelli delle tv in bianco e nero e degli arrivi delle star in pompa magna senza le estreme misure di sicurezza figlie dei nostri tempi. Una volta sul palco non poteva che far riferimento al colpo di scena della passata edizione con l’annuncio del vincitore sbagliato. Alla 90esima edizione non si possono commettere sbagli, questa volta tutto deve filare liscio. Immancabili anche i riferimenti al produttore Harvey Weinstein espulso dall’Academy per il suo abuso di potere sulle donne, ricordando come l’unica altra occasione che vide l’espulsione di un membro dall’Academy fu quella dell’attore Carmine Caridi per pirateria home video; due crimini molti distanti tra loro, puniti in egual maniera.
Come da previsioni le vittorie dei quattro attori, Gary Oldman, Frances McDormand quali protagonisti, Allison Janney e Sam Rockwell come non protagonisti. Quest’ultimo dedica il premio al compianto Philip Seymour Hoffman e racconta di come il padre da piccolo gli fece marinare la scuola per portarlo al cinema, creando in quel momento una passione che sarebbe durata per sempre. Le esperienze vissute da piccoli sono indelebili e finiscono per formare una persona, non bisogna mai dimenticarlo. Anche Frances McDormand regala un discorso di ringraziamento trascinante: “Siamo hooligans, ma sappiamo ripulirci bene” esordisce riferendosi al suo regista Martin McDonagh. Con il suo comportamento fuori dalle regole, senza peli sulla lingua, che se ne frega delle apparenze, McDormand invita tutte le donne nominate in ogni singola categoria ad alzarsi dalla sedia e dimostrare il proprio valore, affinché tutte le belle parole degli ultimi tempi vengano seguite dai fatti.
Poche le soprese, ma due premi assumono un’importanza particolare. La migliore sceneggiatura originale per Scappa – Get out, film di genere, uscito in sala all’inizio dell’anno trascorso, ma che è stato in grado di diventare un fenomeno culturale, di diventare una bandiera per la comunità afroamericana. E più che giusto quindi che a consegnare l’Oscar al regista e sceneggiatore Jordan Peele sia stato proprio Spike Lee, l’autore di Fa’ la cosa giusta, altro film emblematico del rapporto tra neri e bianchi in America.
Altro Oscar che passa alla storia è la vittoria di Roger Deakins, dopo tanti anni di nomination senza mai salire sul podio. Questa volta ce la fa (per Blade Runner 2049) e il direttore della fotografia appare insolitamente nervoso, quasi stenta a crederci, ma è un Oscar più che meritato. James Ivory ad 89 anni diventa il vincitore più vecchio di sempre per la sceneggiatura non originale di Chiamami col tuo nome. Il premio fa gridare vittoria in parte anche all’Italia, ma non dimentichiamo che Guadagnino ha dovuto cercare i finanziamenti all’estero. Importantissima anche la vittoria di Icarus come miglior documentario, sia perché è il primo Oscar consegnato ad un film targato Netflix (i tempi che cambiano), sia per l’argomento trattato, quello dello scandalo del doping alle Olimpiadi.
Alla fine è stata la notte di The Shape of Water e di Guillermo Del Toro, del suo fantasy che ha saputo combinare romanticismo e thriller, che ha saputo spronare il pubblico all’accettazione del diverso. “La cosa più bella che la nostra industria fa è cancellare le linee divisorie nella sabbia, mentre il mondo cerca di rendere sempre più profonde”. Due discorsi di ringraziamento, entrambi ispirati, entrambi sinceri, entrambi proveniente dal profondo del cuore.
PHOTO CREDIT: Michael Baker / A.M.P.A.S.