PIÙ DURO E CATTIVO DI QUANTO FOSSE IL PRECEDENTE, MA SI SENTE LA MANCANZA DELLA CONTROPARTE FEMMINILE.
Los Angeles – I terroristi islamici entrano negli Stati Uniti attraversando illegalmente il confine come i messicani, un giro di affari di immenso valore, quasi quanto la droga, per i trafficanti.
L’ennesimo atto terroristico, che fa decine e decine di morti in un supermercato americano, spinge il presidente degli Stati Uniti (Matthew Modine) a richiedere l’aiuto dell’agente della CIA Matt Graver (Josh Brolin), esperto nel risolvere i problemi senza curarsi di leggi e regole. Graver porta in squadra il sicario Alejandro (Benicio del Toro) con il quale aveva già avuto esperienza. Il piano è quello di far scatenare una guerra tra cartelli rivali. Per fare ciò è necessario inscenare il rapimento di Isabela Reyes (Isabela Moner), la figlia minorenne di uno dei re della droga, ma le cose non vanno come il governo americano vorrebbe.
Sicario 2 – Soldado, sequel del film di Denis Villeneuve, è molto più carico e intenso del predecessore.
La palla è passata al balzo del nostro Stefano Sollima, l’autore di A.C.A.B., e il suo stile ruvido pervade la pellicola in ogni suo aspetto. Soldado fa affidamento in gran parte ai due protagonisti, e si sente la mancanza di Emily Blunt, di un personaggio femminile forte che faccia da contraltare.
La giovanissima Isabela Moner, seppur brava, è un elemento importante ai fini dell’intreccio, ma non può da sola bilanciare il livello di testosterone. La storia non è più focalizzata sul traffico di droga, è invece influenzata dalla cronaca e dai recenti atti di terrorismo.
Giochi politici, strategie tipiche del governo americano che finiscono per ritorcersi contro, operazioni militari non ufficiali sono alla base di una sceneggiatura che manda avanti il sicario Alejandro Gillick, il personaggio di Benicio Del Toro, e ne fa il vero perno attorno al quale tutto ruota, molto di più del Matt Graver di Josh Brolin; rivelando, a giochi fatti, un sottotesto ben più terribile. Per arrivare a ciò, spesso il film gira su sé stesso, manca quel senso di compattezza raggiunto dal predecessore, eppure la regia ha sempre le idee chiare su quale sia l’esito finale. È sicuramente un importante tassello in quella destinata a diventare, come minimo, una trilogia.