Searching: recensione

SEARCHING, UN FILM MYSTERY DI GRANDE TENSIONE, ADATTO AI TEMPI MODERNI SOCIAL E HI-TECH

searching locandinaSearching è la storia di una adolescente scomparsa e degli sforzi del padre, rimasto vedovo alcuni anni prima, di ritrovarla. L’unico strumento a disposizione è il laptop della ragazza che racchiude al suo interno i contatti delle amicizie su facebook, le foto dell’account instagram, insomma l’intera vita della ragazza attraverso i social media, ovvero l’unica speranza di scovare indizi e svelare il mistero della scomparsa.

Il film utilizza l’espediente di narrare l’intera vicenda attraverso il filtro di uno schermo, che sia un computer, un telefonino, una tv, una app. È un’idea che è stata già utilizzata in passato con risultati non particolarmente eccellenti, in quanto ne faceva il punto focale senza un supporto valido. I precedenti si limitavano a quello, alla sola idea appunto. Invece Searching la rende strumento, non punto principale, facendone un uso intelligente, al fine di una storia tesa e dalle influenze hitchockiane.

Il nome del maestro dell’horror viene spesso tirato in ballo quando si parla di thriller, spesso a sproposito, ma in questo caso è più che appropriato. Per l’intera durata del film si è in un costante stato d’ansia. Il regista Aneesh Chaganty sa esattamente come dosare la suspense, non mostra mai quello che lo spettatore vorrebbe vedere, quando vorrebbe vederlo e all’improvviso lo colpisce quando meno se lo aspetta. È un continuo rovesciamento di fronte, ogni volta che si ha l’impressione di aver capito il segreto, di aver scoperto il colpevole, viene aggiunto un nuovo tassello al puzzle che cambia completamente le carte in tavole.

Un thriller davvero da cardiopalma; ci si dimentica presto dell’espediente iniziale e si viene travolti da una storia che tiene col fiato sospeso fino all’ultimo minuto. Merito va anche all’infaticabile lavoro di montaggio di Nick Johnson e Will Merrick, i quali devono raccordare non solo gli elementi narrativi, ma anche gli sms, i pop-up, gli indizi visivi. Gli stessi sono stati chiamati anche a curare le principali versioni internazionali per i mercati esteri (l’Italia è una di queste), dovendo sostituire con traduzione adeguata ogni scritta a video.

Un plauso anche al compositore Torin Borrowdale e alle sue musiche che si fanno sempre più incalzanti quando sembra materializzarsi il peggiore degli incubi. Infine il cast, sul quale spiccano l’infaticabile John Cho, in un vero tour de force, e l’esordiente Michelle La, la quale con il suo volto da copertina richiama alla mente il marketing con l’effigie di un’altra ragazza scomparsa, Laura Palmer. Correte a vederlo prima che qualcuno vi riveli lo scioccante finale.

 

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