UNA COMMEDIA CHE PONE AL CENTRO LA DISCUSSIONE TRA IL PASSATO E IL NUOVO MONDO DIGITALE, ECCO DOUBLES VIES DI OLIVIER ASSAYAS
GENERE: commedia
DURATA: 107 minuti
USCITA AL CINEMA: N/D
VOTO: 2,5/5
La commedia Doubles Vies del regista francese Olivier Assayas, presentata in concorso al Festival di Venezia, ci porta subito al centro della narrazione, mostrandoci chiaramente su cosa verterà il film, alternando discorsi sul passato ad altri sulle nuove tecnologie digitali.
Alain (Guillaume Canet) è un editore di successo, che si trova suo malgrado a dover rifiutare all’amico Léonard (Vincent Macaigne) la pubblicazione del suo nuovo romanzo, “Punto Finale”, che non ritiene un prodotto di successo.
In disaccordo con lui la bella moglie Selena (una spiritosa Juliette Binoche), attrice insoddisfatta, che non si sente a proprio agio nel personaggio che da quattro anni è chiamata a interpretare in una serie tv poliziesca.
Cosa non funziona nel romanzo scritto da Léonard? Quanto è giusto attingere da esperienze personali e da personaggi reali quando si sta creando una storia?
Sono soltanto alcune delle domande che vengono poste allo scrittore durante un panel in una libreria, mostrandoci quanto anche Léonard sia all’oscuro di ciò che viene detto sul suo conto in rete.
Lui e Alain rappresentano l’immobilità, quell’attaccamento alla carta stampata, che non vuole stare al passo coi tempi e con le nuove tecnologie digitali, sebbene almeno il secondo debba far buon viso a cattivo gioco per mere questioni lavorative.
Modernità che ha il volto della giovane Laure (Christa Théret), una nuova recluta della casa editrice, che cerca di convincere Alain che il digitale non è demoniaco e non è un nemico da combattere, ma una risorsa da sfruttare. “Bisogna scegliere il cambiamento e non subirlo”.
Tra inaspettati intrighi amorosi e battute frizzanti, il regista ci fa capire fin dall’iniziale dialogo tra Alain e Léonard dove vuole portarci, senza poterci fornire risposte, così come non le trovano i personaggi, immobili nei loro schemi mentali.
E nello stesso modo si arena anche Doubles Vies, che costringe lo spettatore a seguire un ininterrotto fiume di parole per quasi due ore di durata, sfinendolo prima ancora di giungere alla seconda parte di un film troppo prolisso per poter essere apprezzato.