SE “RICICLARE” DIVENTA UN PROBLEMA, IL REMAKE AI TEMPI MODERNI DIVENTA UN CASO ARTISTICO NEL CINEMA
Il 28 dicembre del 2018 il cinema (così come lo conosciamo noi), si appresta a compiere 128 anni. Un secolo e un quarto di storia, correnti e tendenze. I generi si sono susseguiti come i periodi storici, adattandosi ai momenti, agli usi e ai costumi. Dettando le mode, condannando politiche e ingiustizie. Il cinema, nei suoi 128 anni di storia si è vestito di comico, western, melò, azione…ma che maschera porta adesso?
Ne abbiamo parlato con un professore di critica cinematografica della NYFA, che ha definito quella che stiamo vivendo adesso come l’epoca dei remake.
Il remake come concetto cinematografico esiste da sempre, il primo risale addirittura all’anno successivo alla nascita del cinema stesso (George Méliès ripropose La Partita a carte dei Fratelli Lumière). Finora si contano circa 900 remake, alcuni hanno raggiunto un successo tale da offuscare l’originale stesso: La fabbrica di Cioccolato, Ocean’s Eleven, The Departed o Scarface.
Quest’anno “A Star Is Born” si è conquistato il pubblico mondiale, eppure si tratta di un remake di un remake…di un remake: 1937-1954 (di un immenso George Cukor), quindi 1976 con Barbra Streisand all’apice della sua carriera.
Il concetto di “riproporre” qualcosa di già presentato non è sbagliato, lo è il rischio di farlo diventare un vero e proprio genere che cela una sorta di mancanza di idee, di una carenza di inventiva. Come un treno che approccia alla stazione sbuffando, stanco, lento, pronto a fermarsi. Il “riciclato” sta diventando l’unica forma di intrattenimento che Hollywood è in grado di offrire?
Certo è comprensibile che gli studios non abbiano più voglia di rischiare quando affidandosi ad un brand già noto, (sia esso un libro, un fumetto, un videogioco o un film già proposto in passato) non c’è bisogno bisogno di ulteriore promozione: il pubblico conosce già ed à già naturalmente interessato a spinto a vederlo. Va da sé che se produco un videogioco di successo ho già la certezza che tutti i video giocatori andranno a vederlo e che loro da soli, anche senza saperlo, saranno la mia comunicazione e la mia promozione, quindi perché agitarmi?
Non contiamo poi gli enormi introiti derivanti dall’ovvio merchandising legato ai film. Un remake non ha bisogno di nessuno sforzo in più. Il pubblico è già innamorato di un certo personaggio, non c’è bisogno di convincerlo che valga la pena seguire le sue avventure.
Andando per un attimo oltre la parte romantica del film e del fascino del mondo cinematografico ci accorgiamo che economicamente parlando l’operazione ha un senso: non si possono certo condannare le aziende perché vogliono fare profitto ma fino a che punto questo non mina la possibilità di mettersi in gioco? Non sarà troppo a discapito della creatività? quanti film non vengono prodotti al posto dei soliti remake? Ci sono milioni di storie da raccontare lì fuori, sarebbe un peccato perdere il senso ultimo, più profondo del “fare cinema”, quel raccontare per immagini che è di base la Settima Arte.
Non possiamo saperlo, aggrediti come siamo da prodotti sempre più uguali a loro stessi, schiavi di un cinema che sembra rincorrere a tutti i costi una serialità televisiva che non avrà vita lunga per il grande schermo. Come se l’unica affezione per un personaggio il pubblico potesse trovarla in una serie televisiva.
Ed è esattamente questo il fulcro del discorso: siamo proprio noi a decretare il successo di questo nuovo genere del riciclo. Non è un segreto che film come Il re Leone e Aladdin, per citarne solo un paio, abbiano innescato la corsa alle sale cinematografiche portando (insieme a Dumbo, Il Libro della Giungla e la Bella e La Bestia) più di 5 miliardi nelle casse di Burbank.
Ma se è vero che un remake accelera la corsa alle sale, è altrettanto vero che non ci beviamo proprio tutto. Basta scegliere di premiare in sala anche ciò che davvero ci piace, non solo quel che “va visto per forza” perché in un periodo storico in cui sembra che non ci siano più idee ne esistono invece a decine che cercano solo un po’ di spazio e saltellano per essere viste.
Imparando a cercarle, richiedendole come pubblico e valorizzandole avremo una piccolissima ma fondamentale parte attiva in questo immenso meccanismo perfettamente incastrato nei processi di produzione e distribuzione. Non male la sensazione di avere un po’ di potere anche noi, rispetto ai colossi che dettano le regole di questo mondo straordinario chiamato cinema, no?!