CON MADE IN ITALY LA MEDIASET CATTURA L’ATTENZIONE DI AMAZON: ECCO LA RECENSIONE DELLA FICTION ORA SU PRIME VIDEO E DAL PROSSIMO MESE SU CANALE 5
Prodotta da Taodue Film e The family, e diretta da Luca Lucini e Ago Panini, ha debuttato su Prime Video la fiction italiana Made in Italy, con otto puntate volte a celebrare le grandi firme della moda italiana nel periodo degli anni 70.
Protagonista è Irene, una giovane studentessa di storia dell’arte che si ritrova a lavorare nella redazione della rivista di moda Appeal, catapultandosi nel turbinio ammagliante di passerelle e set fotografici, incontri e interviste, abiti e viaggi, che la vita della giornalista le consente di fare. Ma l’ascesa non è semplice, e lungo questo cammino si ritrova dapprima a rinunciare ai suoi cari in nome della sua libertà, e poi a fronteggiarsi con la rivalità del settore. Sullo sfondo, gli scontri sociali e politici di quegli anni.
Punto di forza è la cura dei dettagli: c’è una gran accuratezza nella ricostruzione delle scenografie, delle strade milanesi e ovviamente dello stile degli anni 70. Allo stesso tempo è buona anche la contestualizzazione storica, in quanto Made in Italy è sì una fiction sull’affermazione della moda italiana di quel decennio, ma non dimentica di soffermarsi su tutto ciò che è accaduto fuori da quelle passerelle, dalle violente lotte di piazza agli scioperi degli operai, dal divorzio al terrorismo, dal femminismo fino alla celebrazione dell’amore libero, il tutto con in sottofondo alcuni dei successi musicali dell’epoca, italiani e non.
A colpire è anche la ricostruzione delle vite degli stilisti, brevi ma chiare, che in pochi minuti tratteggiano per ognuno il proprio punto di forza, e li raccontano attraverso immagini di repertorio. Ne viene presentato quasi uno a puntato, partendo da Walter Albini, padre del prêt-à-porter italiano, continuando con Krizia, i coniugi Missoni, Raffaella Curiel, Gianni Versace, Giorgio Armani, Elio Fiorucci, e si lascia intravedere anche una giovane Miuccia Prada, ancora lontana dalle passerelle.
Quello che però manca alla serie è una buona scrittura. Per lo più, infatti, appare prevedibile e già vista: per molti versi ricorda fin troppo Il diavolo veste Prada (la nuova arrivata divisa tra commissioni e consegne, pena il licenziamento per mano di un capo intransigente, e sempre lei si trasforma da ragazza anonima in icona di stile). Inoltre si presentano anche alcuni cliché come l’amico e collega omosessuale, la coinquilina “sveglia”, il fotografo che si finge americano per rimorchiare.
Buona in generale la recitazione, soprattutto dell’emergente Greta Ferro, modella che dopo essere diventata il volto della linea Armani Beauty ha qui la possibilità di debuttare come attrice accanto a Margherita Buy. In parte anche una spensierata Fiammetta Cicogna, Marco Bocci frivolo al punto giusto, e ancora Valentina Carnelutti, Sergio Albelli, Giuseppe Cederna, Maurizio Lastrico.
Non tutti gli attori scelti però appaiono giusti per il proprio ruolo. Tra questi Raoul Bova, che veste i panni di un giovane Giorgio Armani. Infatti non solo fisicamente è ben distante da lui (e non sarebbe nemmeno troppo un problema), ma la sua più che un’interpretazione sembra una brutta imitazione. Molto più naturali appaiono Stefania Rocca nei panni di Krizia, Luigi Lo Cascio in quelli di Ottavio Missoni e Claudia Pandolfi in quelli di sua moglie Rosita, e Nicoletta Romanoff in quelli Raffaella Curiel.
Nonostante l’intenzione di celebrare in primis la bellezza a firma italiana di quegli anni, il prodotto nell’interezza delle sue 8 puntate appare inevitabilmente poco originale. In ogni caso è una novità assoluta che uno show Mediaset venga distribuito in anteprima e in esclusiva su una piattaforma di streaming: segno che almeno l’accuratezza coinvolgente della fiction è stata premiata. Il debutta sulla tv generalista dovrebbe verificarsi nei prossimi mesi.