IL DRAMMA RIALTO DI PETER MACKIE BURNS VIENE PRESENTATO NELLA SEZIONE ORIZZONTI AL FESTIVAL DI VENEZIA, MA NON CONQUISTA LO SPETTATORE
DURATA: 90 minuti
DATA D’USCITA: N/D
VOTO: 1,5/5
La tematica della perdita e del difficile rapporto genitoriale è al centro di molti film presentati quest’anno al 76esimo Festival di Venezia e il dramma Rialto diretto da Peter Mackie Burns (Daphne), e mostrato nella sezione Orizzonti, non fa eccezione.
Basato su una sceneggiatura scritta da Mark O’Halloran, il film ambientato a Dublino racconta la storia di Colm (Tom Vaughan-Lawlor), un quarantenne sposato e padre di due figli adolescenti. Ancora in lutto per la perdita della figura genitoriale con cui ha sempre avuto un legame complicato, l’uomo ha difficoltà a rapportarsi con il figlio maggiore Shane (Scott Graham) e a mostrare alla moglie Claire (Monica Dolan) la propria fragilità.
Spinto dalla curiosità e dalla disperazione, Colm decide di contattare un giovane escort uomo, Jay (Tom Glynn-Carney), affinché faccia sesso con lui. Nel frattempo, viene licenziato dal suo posto di lavoro dopo trent’anni, poiché le sue competenze possono essere sostituite dai macchinari, più economici.
Mentre il suo mondo va in pezzi, quello che doveva essere un incontro fortuito diventa un appuntamento fisso, l’unico dettaglio capace di farlo restare a galla, ma a caro prezzo. Rialto vorrebbe esplorare ciò che accade nella vita di un uomo in lutto, quando ogni sua certezza viene meno, compresa la perdita della propria identità (anche sessuale).
Tuttavia, ciò a cui assistiamo sono 90 minuti di monotonia con scene poco collegate fra loro, con un protagonista che non riesce a far breccia nel cuore dello spettatore e una storia che trasportata sul grande schermo perde d’efficacia.
Restano molte domande prive di risposta anche sul giovane di cui Colm si dichiara innamorato: ciò che sappiamo è soltanto che fa l’escort per poter mantenere il figlio neonato – come racconta al suo interlocutore in una scena del film.
Anche il rapporto tra il protagonista e il padre defunto avrebbe potuto essere analizzato in maniera più approfondita per permettere allo spettatore di comprendere meglio le ragioni intrinseche alla sua crisi esistenziale e i problemi che avevano quando il secondo era ancora vivo.