GLI SCATTI MIGLIORI CHE RACCONTANO IL DIETRO LE QUINTE DELLA 92ESIMA NOTTE DEGLI OSCAR
Parasite riesce nell’impresa che non era riuscita neanche a La vita è bella nel 1999 o a Roma l’anno scorso: vincere il premio più ambito, il miglior film. Non solo, è anche il primo film che vince contemporaneamente anche come miglior film straniero. Ai quali si aggiungono le vittorie per la sceneggiatura e la regia. Un consenso senza precedenti, tanto che quando la regia televisiva, come di norma, taglia il discorso di ringraziamento della produttrice Miky Lee, la sala insorge, con in primis Tom Hanks seduto in prima fila a pretendere che le luci si riaccendano e il team di Parasite possa continuare. Un momento che entra diritto nella Storia.
È stata una notte degli Oscar molto scorrevole. La tanto temuta mancanza del presentatore si rivela in realtà una finta. L’Academy trova l’escamotage di avere il monologo di apertura lo stesso, con due tra i migliori presentatori del passato, Steve Martin e Chris Rock, insieme in un duetto di battute esilaranti. “Entrambi abbiamo presentato in passato. Siamo stati declassati”; “Perché non c’è il presentatore? Per colpa di Twitter”. Senza contare la menzione da parte di Martin dell’amico Eddie Murphy in Dolemite is my name, grande escluso della serata. A tal proposito, si noti come l’energetico numero di apertura di Janelle Monáe mischiava ballerini vestiti da Joker ad altri in costume dei film esclusi: Us, Dolemite, Midsommar.
Tra i discorsi più memorabili sicuramente quello di Brad Pitt, con connotazioni politiche fin da subito, e quello da predicatore di Joaquin Phoenix. Dietro le quinte si vocifera che Phoenix si sia accertato di persona che fosse mantenuta la promessa di non usare carne bovina al Governors Ball, mettendo il naso nelle cucine. Meravigliosa, tuttavia, la chiusura con la citazione del poema scritto dal fratello River, morto nel 1993. E se Renée Zellweger sembrava un po’ persa nei suoi ringraziamenti, sopraffatta dall’emozione, Laura Dern arrivava dritta al cuore mostrando tutto l’affetto per i genitori, provocando la commozione della madre seduta in sala.
Grande sorpresa l’arrivo sul palco di Eminem per cantare Lose yourself, la canzone che gli valse l’Oscar. Diciassette anni fa rifiutò di partecipare, ma non importa, la sua performance, a chiusura di una clip che celebrava il matrimonio tra canzoni e film, era la botta che serviva, spingendo a cantare in coro tutti i presenti. Un’esecuzione eccellente del rapper americano in una versione del brano con l’orchestra che la impreziosiva ancora di più.
Ai posti di partenza Netflix dominava con ben 24 nomination, alla fine dei giochi ne esce con le ossa rotte. Solo due vittorie, quella di Laura Dern e quella per il documentario American factory, prodotto dagli Obama, e forse è stato proprio quel pedigree a rivelarsi determinante. Apriamo una parentesi per bacchettare l’Academy, l’inspiegabile e gravissima mancanza di Luke Perry nel segmento In Memoriam. Toccante l’esecuzione dell’artista del momento Billie Eilish della beatlesiana Yesterday, ricordo di tutti i volti del cinema scomparsi nell’anno passato, ma tralasciare l’icona di Beverly Hills 90210 è una gaffe pesante.
Ma torniamo all’eroe della serata, il regista Bong Joon Ho, che non solo ha meritato tutti i 4 premi ricevuti, ha dimostrato una grande umiltà nella sua corsa verso l’oro. Incredulo, quando è salito a ritirare la miglior regia ha pagato il giusto tributo a due maestri come Scorsese e Tarantino.
Del primo ha rivelato di aver studiato tutti i film e del secondo si è rivelato grato per avere inserito sempre le sue precedenti opere nella propria Top Ten 10 annuale, ben prima che il resto del mondo perdesse la testa per Parasite.
Finita la cerimonia è arrivato finalmente il momento di lasciarsi andare agli after party, tra i quali l’esclusivo Vanity Fair, straripante di celebrità, e quello dell’Elton John Aids Foundation, al quale il celebre cantante inglese non ha mancato di fare tappa, subito dopo aver conquistato la statuetta per la miglior canzone. Elton John era così euforico che si è unito alla band di Sam Fender sul palco, in una performance improvvisata e carica di energia, sulle note di Will We Talk?
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