Big Fish e il concetto del tempo

RIFLESSIONE SUL FILM “BIG FISH”, OPERA ONIRICA DIRETTA DAL MAESTRO DEL GOTICO TIM BURTON

Se c’è una cosa che questo momento ci sta regalando è tempo. Quel concetto così bramato e allo stesso modo così sconosciuto. Ci si arrovella il cervello nell’esasperato tentativo di fermarlo, condannati a perderci il presente per rincorrerlo, rei consapevoli, ci struggiamo nella frustrante, instancabile sconfitta derivata dalla inafferrabilità del dono più prezioso della nostra esistenza.

Eppure anche quando abbiamo l’ironica illusione che proprio il Dio Tempo ci abbia usato la mendace gentilezza della sua presenza, capita che non sappiamo davvero cosa farcene. E allora la nostra capacità di fare spazio ai dissipatori della mente si rivela in tutta la sua maestosa dannosità. Incapaci di dare un senso alle nostre giornate in maniera autonoma ci riscopriamo, ancora una volta, i peggiori nemici di noi stessi. Crisi personale, di coppia, fisiche, mentali…ecco la folla aizzarsi a ritmo di “Ci stanno privando della libertà”, vero quanto i canti delle Sirene tentatrici di Ulisse.

Nessuno ci sta togliendo la libertà, anche perché siamo già tanto bravi a togliercela da soli.

Oggi vorrei partire proprio da qui, da queste basi, per riscoprire alcuni concetti considerevoli che sono andata a pescare proprio in: Big Fish, Le Storie di Una Vita Incredibile.

Big Fish è un film del 2003, diretto da Tim Burton tratto dal romanzo di Daniel Wallace.
Molti i temi da approfondire:

  • La (dall’alba dei tempi) delicatissima relazione padre-figlio
  • Le metafore della vita, di cui sceneggiatore e regista vanno ghiotti
  • Il pesce
  • L’occhio
  • Ashton (il villaggio di provincia)
  • Lo Spettro della morte
  • L’anello-Amore-Donna
  • Le Scarpe-Zona di Comfort
  • Il Ritorno

Il film è un’esplorazione conflittuale del rapporto fra un padre (Edward) e un figlio (William) chiamati a conoscersi veramente dopo tanti anni a causa della malattia che costringe Edward a letto e che, minacciosa, mangia ai due proprio il tempo. Il tempo per conoscersi, per stare insieme, l’occasione per dirsi la verità, per rispondere alle domande orfane di risposta. Nel corso della riscoperta della vita del padre, William conosce un uomo che ha sempre vissuto attraverso i racconti.

La narrazione di storie incredibili, seppur abbia avvicinato i due nel corso dell’infanzia si rivela anche la causa della loro separazione. Ma è proprio concedendosi la possibilità di esplorare insieme i “racconti fantastici” del padre che William scopre quanto invece abbiano in comune e quanto la realtà, molto spesso, si vesta di storie per essere più sopportabile, per farsi accettare. Ed ecco che padre e figlio sono uniti in quello che da sempre è il ciclo della vita nella scoperta non solo del padre ma anche della difficoltà dell’essere genitori.

Il Pesce

Il pesce è il tema principale del film, è presente dall’inizio alla fine: è la metafora di Edward. Il pesce si adatta alle dimensioni di dove può nuotare. L’acquario, la piccola realtà di provincia in questo caso, rappresenta i suoi limiti. Fisici o mentali?

Edward comprende che per ottenere ciò che vuole dovrà essere ingegnoso, a partire proprio dal riconoscimento, dall’accettazione ma non dalla rassegnazione alle limitazioni in cui nasciamo. Continuando con la metafora, raggiungiamo la libertà lasciando l’acquario; decidiamo le nostre azioni e raggiungiamo la grandezza. Allo stesso tempo, uscire da questo barattolo può essere terrificante perché non sappiamo cosa c’è fuori. Forse la paura della scoperta è meglio dell’ammaestrato adattamento ad una realtà che tendiamo a dare per scontata.

L’occhio e l’accettazione della morte

Avremmo ugualmente paura se conoscessimo già il nostro futuro? Probabilmente si, la maggior parte degli esseri umani non è in grado di accettare di dover morire. Per questo la fede. Nella fede si ripongono tutte le domande senza risposta dell’essere umano. La fede intesa in ogni senso possibile, chiaro. Edward nelle sue storie d’infanzia racconta di una strega con un occhio di vetro che mostra come morirà. Saperlo lo spinge a concepirlo e quindi ad accettarlo. Edward abbraccia il suo destino, il suo e quello di tutti gli umani: la morte. Affronta questa idea e la supera, non lascia che la paura si impadronisca di lui.

Ashton

L’acquario di Edward, il villaggio in cui è nato, una piccola città limitata agli occhi di un uomo con sogni e grandi aspirazioni. Nonostante questo gode di un’alta reputazione tra i suoi vicini e potrebbe fare grandi cose nel suo barattolo senza dover affrontare troppi ostacoli.

L’acquario è la nostra zona di comfort, il conformismo, il luogo in cui ci sentiamo sicuri e difficili da raggiungere, ma è anche un luogo in cui l’apprendimento è limitato. Ecco perché Edward decide di affrontare l’ignoto e di uscirne.

L’anello

Perché un pesce raggiunga la sua dimensione massima, deve fare in modo di evitare tutti gli ami che la vita gli metterà di fronte. Lasciare l’acquario per poter fare esperienza della vita, per poter crescere. Ma una volta cresciuto, farsi “catturare”, tornare nell’acquario, non è da vedere per forza come una retrocessione. In altre parole, si allargano i confini fino a quando non si trova e si sceglie l’amo a cui abboccare. L’amo di Edward è stata Sandra, l’amore, la donna che l’ha  riportato nell’acquario da riscoprire insieme. Tuttavia per arrivare a lei ha dovuto attraversare un infinità di ostacoli per potersi rendere conto di quello che davvero lo rende felice. Ma se non avesse fatto esperienza dell’oceano, del mondo, avrebbe probabilmente abboccato al primo amo, vittima del suo stesso acquario.

Big Fish è una fantastica storia contemporanea che ci mostra un altro modo di vedere la vita, di accettarla. E come ognuno di noi sia capace di fare cose straordinarie se riusciamo a superare le nostre paure per uscire a tracciare la nostra strada.

BIG FISH