CINEMA E OTT, LA GUERRA FREDDA DELLE PIATTAFORME STREAMING E IL FUTURO DEL GRANDE SCHERMO
OTT, ovvero Over the Top world. Di che parliamo? Di tutta quella filiera di piattaforme in streaming che comprendono Netflix, Prime Video, Disney+ e Apple TV+, i quali sono i nomi più imponenti nell’arena e stanno lentamente trovando un posizionamento diverso e originale per dominare l’una sulle altre.Dominio, ecco la parola chiave. Dominio dei pensieri, dominio delle masse, delle menti.
E quale situazione migliore di questa, per dichiarare una “Guerra Fredda“ fra le piattaforme di streaming presenti sullo scenario internazionale? Vestite da seducenti “entertainers”, si rivelano in tutto il loro infido splendore, forti anche della crisi mondiale dovuta alla pandemia, che ha sconvolto l’intero settore cinematografico.
Se già prima di tutto questo “andare al cinema” si stava trasformando in un mero passatempo della domenica in famiglia post-centro commerciale, adesso che le disposizioni costringono o consigliano fortemente di preferire il comodo divano di casa propria…
il colpo mortale, Signori e Signore, è stato inflitto.
La guerra dello streaming, cioè la competizione feroce tra piattaforme per gli abbonamenti degli utenti, vede ogni servizio cerca di trovare per sé un posizionamento, definendo la propria identità. Non possono essere tutti uguali o ambire tutti al medesimo pubblico, come in ogni mercato è indispensabile che per il pubblico siano chiare le differenze. Solo che ancora non lo sono davvero.
Netflix, AppleTV+, Disney+ e Prime Video sembrano differenziarsi solo per l’ampiezza del catalogo. I prezzi bene o male sono quelli, la tecnologia bene o male è quella. Tuttavia, di scelta in scelta, di piccolo cambiamento in piccolo cambiamento, sta lentamente diventando chiaro cosa ognuna di queste piattaforme voglia essere.
L’arena dello streaming prevede due tipi di contenuti possibili, quelli originali e proprietari (film e serie TV prodotti dalla stessa piattaforma) e quelli in licenza (film e serie di cui acquista i diritti per la trasmissione online per un certo periodo). I secondi sono indispensabili per rimpinzare il catalogo e una volta erano un investimento più economico e sicuro, rispetto alla produzione di prodotti originali.
Ora questo non è più così vero, le licenze sono sempre più costose, poiché ogni produttore mira a creare la propria piattaforma, e è reticente a dar via i suoi gioielli. Così, se Disney ha ritirato tutti i film Marvel e Lucasfilm dalla concorrenza con il debutto di Disney+, lo stesso hanno fatto e faranno oltreoceano Universal e Warner. In America, tantissime serie storiche del calibro de Il trono di spade, The Office e Friends saranno disponibili solo su Peacock e HBO Max.
Tra questi, Netflix è il primo, il più grande, il più vasto e il più visto. Era lì quando non c’era nessun altro e ha avuto tempo di posizionarsi come il più completo. Il suo catalogolo è ricco di serie, di film e di (passateci il termine) vaccate. Perché nonostante faccia di tutto per posizionarsi come il rifugio dei cinefili pop, le sue scelte spesso gli remano contro. L’esigenza di avere tanta carne al fuoco fa sì che spesso Netflix proponga contenuti mediocri.
Anche per questo la piattaforma ha accolto importanti registi e autori, il cinema da festival con piega pop, per metterli sotto le luci dei propri riflettori. Non si parla del cinema d’autore di nicchia, ma di registi con nomi altisonanti, come Scorsese e Cuaron, autori che faticano a trovare produttori e che mirano a vincere l’Oscar.
Se le sale sono sempre meno il posto per questa tipologia di film, Netflix si propone come il sostituto, la piattaforma per chi ama cinema e serie di qualità, dove la “qualità” implica “qualità e successo commerciale”. Cercando quindi di sottrarre alla concorrenza ogni occasione, l’azienda punta ad altissimi regimi di produzione e acquisizione, non avendo altri business a disposizione. L’unica fonte di ricavo di Netflix è Netflix. Senza, è finito.
Il primo dei suoi rivali, invece, è noto per l’opposto, offrendo la propria piattaforma di streaming come benefit per i suoi 170 milioni di abbonati. Prime Video è incluso in omaggio in ogni abbonamento ad Amazon Prime, dunque Amazon non dipende esclusivamente dal servizio per accaparrarsi abbonati, a differenza di Netflix.
Non ha il medesimo rapporto con i grandi autori, poiché al momento non organizza grandissime campagne intorno ai suoi film, preferendo una strategia canonica di distribuzione, come nel caso di Suspiria nel 2018. Punta meno sulle serie e più sulla produzione di lungometraggi, spingendo prepotentemente solo le serie più riuscite, un atteggiamento decisamente più calmo, forse pigro, rispetto alla furia di Netflix.
Prime Video non teme di fallire, non può fallire, può anche andare in perdita, tanto è solo un benefit per chi vuole acquistare su Amazon, e questa calma è una forza che spaventa. Può cercare e sperimentare senza fretta, può sbagliare e valorizzare senza foga i propri punti di forza, come Marvelous Mrs. Maisel e The Boys.
Altro discorso è quello di Disney+, che tra i quattro è l’unico marchio con solide radici nella storia del cinema. Gode di un catalogo potentissimo, frutto di decenni di acquisizioni che sembravano sbranare il mercato. Prima la Pixar, poi la Marvel, la Lucasfilm e infine 20th Century Fox. Disney è sempre più un marchio di nostalgia, è il cinema di una volta rifatto oggi, l’infanzia e l’adolescenza perpetui. Il prodotto adulto per adulti che desiderano avventura.
Tra tutte le piattaforme è decisamente quella dal posizionamento più chiaro e netto. Certo, anche Disney non ha timore di fallire, anzi con la piattaforma dispone di un’arma di contrattazione in più con le sale cinematografiche, preferendo un lancio immediato su Disney+. Disney non punta agli Oscar, non ruba autori da Netflix, ma concorre direttamente con le sale. Il lockdown ha solo rafforzato questa strategia. Il lancio è stato ben piazzato e ora, con l’arrivo di nuove serie e film Marvel, si prepara a una forte crescita, anche a un prezzo più competitivo rispetto alla concorrenza.
Infine Apple TV+, una piattaforma con meno di 50 prodotti in catalogo, contro le 6.000 serie e 3.800 film di Netflix. La casa di Cupertino, tuttavia, ha recentemente investito 6 miliardi di dollari nella produzione di film e serie originali. Apple non sembra essere interessata alle acquisizioni, non vuole un ampio catalogo, preferendo quindi la distribuzione dei propri contenuti di qualità.
Di conseguenza applica alla produzione il concetto base della sua linea di hardware: pochi prodotti, chiari e di grandissimo valore.
Anche in questo caso l’abbonamento è offerto ai propri clienti (un anno gratis per chi acquista prodotti Apple), ma del resto Apple TV+ non è costosa come il resto dei prodotti della Mela. L’ambizione sembra essere quella di diventare una piattaforma selezionata, in cui entra poco, e quel poco è eccezionale (almeno, si spera).
In particolare dopo l’esperimento di successo di Greyhound, con protagonista Tom Hanks, è ancora più interessata al cinema, contando anche l’ultima opera di Sofia Coppola. Pronta a cambiare vela insieme al vento, Apple TV+ esiste solo perché a oggi è chiaro che il business del futuro per i giganti del settore è nella produzione di contenuti originali. Chi ne è fuori, sta alla mercé della concorrenza.
Tuttavia, se le piattaforme streaming si fanno strada a suon di bombardamenti su pellicola, quel che preoccupa davvero è il futuro delle sale cinematografiche e della magia del Grande Schermo. Dall’alba dei tempi, se ogni mezzo di comunicazione si è evoluto e adattato ai cambiamenti della società, il colpo inflitto ora al cinema è stato un colpo vile, una pugnalata alle spalle da parte di un fratello traditore, metaforicamente parlando.
Senza il tempo di reagire, il cinema tradizionale rischia di soccombere e la Guerra dello Streaming potrebbe vestire i panni di una Guerra di settore, rivelando una grave minaccia per il Grande Schermo.