BRIDGERTON: DEBUTTA SU NETFLIX LA NUOVA SERIE TV TARGATA SHONDALAND. LA NOSTRA RECENSIONE
Bridgerton è la nuova serie tv Netflix lanciata nel giorno di Natale, creata da Chris Van Dusen e prodotta dalla Shondaland, la casa di produzione di Shonda Rhimes, la showrunner per eccellenza (e la più pagata) della tv. Le otto puntate della durata di circa 50 minuti raccontano una storia romantica dell’Ottocento, che seppur da una parte introduce i modi dell’epoca, come per esempio quelli riguardanti il lungo corteggiamento che precedeva il matrimonio, dall’altra ci propone una visione moderna dei sentimenti, senza nasconderli o reprimerli ma mostrandoli senza timore.
Protagonista della prima stagione è Daphne, la maggiore delle figlie femmine della famiglia Bridgerton. La ragazza fa il suo debutto in società conquistando i favori della regina Charlotte, che la sceglie come il “diamante della stagione”. Ora che anche la regina la considera il miglior partito del momento, non le resta che trovare marito e realizzare quello per cui è stata educata e cresciuta: il matrimonio. Ben presto, però, la fila di uomini alla sua porta diminuisce, e tra le cause ci sono i pettegolezzi messi nero su bianco dalla misteriosa Lady Whistledown, autrice di un giornaletto di gossip che tutti leggono. Proprio in questo momento entra nella sua vita il Duca di Hastings, col quale stipula un patto studiato ad hoc per riabilitarne la posizione agli occhi della gente.
Un mondo sfarzoso, quello di Bridgerton, fatto di continui balli e abiti sfavillanti, tutto volto alla conquista del partito giusto (al rimorchio, insomma). I costumi, realizzati a mano, sono circa 7500, di cui un centinaio solo per il personaggio di Daphne. La musica non è solo quella classica, ma si possono riconoscere canzoni contemporanee riarrangiate per l’occasione (Thank U Next di Ariana Grande, In my blood di Shawn Mendes, Wildest Dreams di Taylor Swift e Bad Guy di Billie Eilish).
La storia, tratta dai romanzi di Julia Quinn, è uno sguardo rinnovato sull’epoca, ma non dimentica di porre l’attenzione sulla differenza di genere che vedeva le donne subalterne agli uomini (punto, questo, sul quale ci si sofferma in ogni puntata). Se da una parte si rivendica il diritto all’uguaglianza uomo/donna, dall’altro si decide di inserire attori di colore per ricoprire numerosi personaggi dell’aristocrazia e non, come per esempio la regina Charlotte, genuina e un po’ grezza (una meravigliosa Golda Rosheuvel), e Simon, duca di Hastings, al quale presta viso e fisico (spesso senza veli) il molto bello e meno bravo Regé-Jean Page. Una scelta poco credibile e per nulla in linea coi tempi, e come se questo tipo di discriminazione, invece, non ci fosse mai stato. Ma allo spettatore vedere questa sintonia, tolleranza e inclusività quasi lo carica, e gli viene da chiedersi “Perché no? Magari fosse stato così”.
E proprio quando pensi che Bridgerton abbia tutte le carte in regola per essere una serie tv in costume dalle grandi premesse, alla fine più vai avanti e più ti accorgi che non è altro che un mappazzone, una miscellanea di ogni cosa passata per la testa in quel momento all’autore.
Perché per iniziare c’è Gossip Girl, col blog sostituito per ovvi motivi storici da un giornaletto scandalistico distribuito per le strade, e che anche la regina agogna leggere; si passa poi, naturalmente, a incursioni letterarie tra le quali spiccano Jane Austin (alla quale bisognerebbe invece portare ben altro rispetto) col suo Orgoglio e Pregiudizio, coi due protagonisti che sono chiaramente destinati a mettersi insieme, ma fin dal primo momento troppo impegnati a giudicarsi e respingersi, e in questo caso a usarsi per i propri fini; non manca Louisa May Alcott con Piccole Donne, perché anche qui abbiamo una giovane donna in età da marito, contraria al romanticismo, che rifugge il matrimonio per diventare una scrittrice, ricordando proprio Jo March; e poi ci sono personaggi che ne ricordano altri ben più noti, come le sorelle Philippa e Prudence Featherington, che sembrano, forse per i capelli rossi o per i vestiti estremamente colorati e appariscenti, Anastasia e Genoveffa appena uscite dall’ultimo film su Cenerentola. A tutto questo è stato aggiunta una vagonata di scene di sesso.
E quando arriva il finale di stagione ti chiedi il perché di alcune scelte narrative che poco lasciano alla suspense per le prossime (la seconda è già stata confermata lo scorso novembre), come quella di svelare l’identità di Lady Whistledown, rendendo di fatto difficile credere ancora alla meravigliosa voce narrante di Julie Andrews, semmai tornerà nel cast. La narrazione in generale scorre, la serie si lascia vedere con leggerezza, ma la sensazione è comunque quella che sia tutto già visto: non basta la sua veste sexy a rendere Bridgerton speciale. Peccato.