Songbird: recensione

SONGBIRD

SONGBIRD: SE IL CORONAVIRUS NON ANDASSE PIÙ VIA? MICHAEL BAY PRODUCE UN THRILLER SULLA PANDEMIA

locandina songbirdDURATA: 85 minuti

USCITA: 11 dicembre 2020

VOTO: 3 su 5

Primo film girato a Hollywood durante e sul Covid. Difatti la stragrande maggioranza delle scene vede un solo attore alla volta sullo schermo; le interazioni tra più personaggi ci sono, ma molto limitate. Quattro anni nel futuro il coronavirus non è mai andato via, anzi si è mutato in Covid-23 e ha lasciato le città completamente deserte e distrutte. Chi è immune ha un braccialetto per provarlo e può teoricamente girare liberamente, ma a farlo alla fine sono solo i pony express. Come il protagonista della storia Nico (KJ Apa), il quale attraversa in bicicletta Los Angeles per fare consegne alla gente benestante. I ricchi vogliono la loro merce (sic). Nico porta avanti una relazione virtuale con una ragazza (Sofia Carson) che non può mai vedere di persona. Quando la nonna della ragazza si ammala di Covid i militari sono pronti ad irrompere nell’appartamento per prelevarle entrambe e portarle nella zona di quarantena. Una specie di campo di concentramento dal quale, una volta entrati, non si esce più. Per Nico significa perdere per sempre l’amore della sua vita, così inizia una corsa contro il tempo per trovare un braccialetto sul mercato nero e salvarle la vita.

La trama è abbastanza standard, il classico scenario da futuro distopico, due cuori separati dal disastro naturale con loschi figuri di contorno che ne ostacolano il ricongiungimento. Quello che fa particolarmente effetto è riconoscere scorci e strade della metropoli Hollywoodiana lasciate allo sbando, senza un’anima viva, dove la vegetazione ha preso il sopravvento sul cemento. È chiaro che quello che rende il film interessante, e il punto sul quale batte cassa, è l’argomento trattato, quello della pandemia che ha fermato il mondo, che stiamo ancora tutti vivendo. Quando si dice battere il ferro finché è caldo.

Aldiquà dello schermo non si vede l’ora di tornare alla normalità, ma è intrigante vedere una dimensione parallela dove la situazione non ha fatto che peggiorare, dove gli smartphone ci fanno il test anti-Covid ogni mattina dando un risultato immediato, e dove ancora una volta chi ha il denaro ha trovato il modo di aggirare il problema. Alla curiosità fa da contraltare un film messo insieme in fretta e furia e si nota. I personaggi, a cui prestano il volto attori famosi, sono tutti tagliati con l’accetta, in particolar modo l’antagonista principale, il quale manca di qualsiasi spessore (seppur Peter Stormare ci metta tutto l’impegno). Quello che funziona è un montaggio che non lascia fiato, che fa di tutto per nascondere le pecche di sceneggiatura.

Il ritmo serrato e il fascino morboso di vedere sullo schermo una possibilità reale di come possano andare le cose riesce a tenere con il fiato sospeso. Ma una volta finito, è presto dimenticato. In fondo a noi sta andando meglio che ai personaggi del film; almeno noi avremo presto un vaccino.

 

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"O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire."