Illusions perdues: recensione

ILLUSIONS PERDUES, L’ADATTAMENTO DELL’OPERA DI HONORÈ DE BALZAC AL COLCOA FILM FESTIVAL 2021

illusions-perduesL’acclamato regista francese Xavier Giannoli porta sullo schermo il corposo romanzo omonimo di Honoré de Balzac. È un adattamento in grande stile, sontuoso, che a tratti ricorda il Romeo + Juliet di Baz Luhrmann, non tanto per l’operazione di modernizzazione che fece il regista australiano, quanto per la maestosità, per i set imponenti, i colori, la passione che trasuda dalla pellicola.

È la storia di Lucien Chardon, giovane proveniente da una famiglia poco abbiente, ma con anche lontane discendenze aristocratiche di parte materna. Il giovane ha ambizioni letterarie e, usando il nome della madre Rubempré, spera nell’approvazione dell’aristocrazia. Lucien desidera fortemente entrare a far parte della cerchia di potere, ma i nobili non gli perdonano le origini umili. L’unica che ne apprezza il talento è Madame de Bargeton, con la quale Lucien instaura una relazione sentimentale, a dispetto degli obblighi di corte della donna.

Neanche la fuga insieme a Parigi può evitare loro l’opposizione dell’alta società. Rimasto da solo a Parigi, Lucien inizia a scrivere per un giornale libertino, dove recensioni positive o stroncature vengono offerte al miglior offerente. E l’antitesi dell’etica giornalistica, ma tradire i propri ideali sembra la strada più veloce e facile verso la ricchezza e il successo. Una scalata al potere dalla quale si può solo che cadere.

La parabola di Lucien è avvincente e catartica, nonostante la lunghezza in durata e la costante voce fuori campo narrante. Una scelta che potrebbe essere vista come un fastidio per l’uso eccessivo, ma della quale in poco tempo non si riesce a far meno. Quasi fosse una guida spirituale attraverso le emozioni. Colpisce in particolar modo la rappresentazione dalla testata giornalistica agli albori della carta stampata, dove libri e spettacoli teatrali sono alla mercé di sciacalli che ne possono decretare il successo o fallimento a seconda di quanto gli autori siano disposti a pagare.

Una critica profonda a certa stampa, da gossip si direbbe oggi, “di giornalai” per usare un termine spesso usato in modo denigratorio, che ha parallelismi anche nell’epoca moderna di acchiappa-click. È la morte della critica, il tradimento dell’integrità morale. Il film è anche un pungente commento sociale al divario tra nobiltà e proletariato, a chi si arricchisce partendo dal basso che non potrà mai essere considerato alla pari di chi i soldi li ha ereditati per titolo  nobiliare.

Ma è la storia a tenere vivo l’interesse, grazie anche alle convinte interpretazioni di grandi star come Gérard Depardieu e Cécile de France, e giovani di talento come Benjamin Voisin nel ruolo di Lucien du Rubempré e Salomé Dewaels nella parte della dolce e sensuale Coralie.

 

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